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2020/04/17

Un grande e brutto pasticcio all'italiana



Ci stiamo avvitando in caduta libera, ma rispetto a quando mi lanciavo da giovane col paracadute stavolta non c’è neppure quello di emergenza. Serve programmare ed attuare subito – con le dovute cautele e verifiche – una immediata ripartenza produttiva.

Troppi annunci del Premier si trasformano in delusioni e gente non all’altezza sta portando l’ Italia a un doppio disastro, sia interno che nei riguardi degli altri paesi europei dove la ripresa è già cominciata.  

Polemico? Davvero non vorrei, ma ditemi voi come si può scrivere un decreto dove, per indicare il tasso cui fare riferimento per un finanziamento alle piccolissime imprese, anziché chiaramente dire 1% (oppure 1,5% o 2%) si debba testualmente scrivere: (art.13) “Il soggetto richiedente (la banca) deve applicare al finanziamento garantito (all’azienda) un tasso di interesse… che tenga conto della copertura dei soli costi di istruttoria e di gestione dell’operazione finanziaria non superiore al tasso di Rendistato con durata residua da 4 anni e 7 mesi a 6 anni e 6 mesi, maggiorato della differenza tra il CDS banche a 5 anni e il CDS ITA a 5 anni così come definiti dall’ accordo-quadro per l’anticipo finanziario  a garanzia pensionistica di cui all’art.1, commi da 166 a 178 della legge 11 dicembre 2016 n. 232, maggiorato dello 0.20% … ecc.”

Il CDS sta per Credit Default Swap che cambia ogni mese (come il CDS ITA) e per calcolarlo si fa riferimento alla piattaforma (privata) Markit. Il punto è che neppure su questa piattaforma c’è un indicatore medio, perché l’interesse applicabile va poi calcolato per il rating e l’operatività di ogni singola banca.

I fondi disponibili, tra l’altro, coprono le necessità di una minima parte dei presunti richiedenti l’aiuto. 

Ma i ministri che approvano un decreto come questo, capiscono cosa ci sta scritto? E se non lo capiscono (come credo, visto che non lo comprendono neppure i tecnici finanziari) perché allora lo approvano, e cosa ci stanno a fare? 

Fin qui per le piccolissime imprese, ma tutte le aziende con giro d’affari oltre i 100,000 euro e fino a 499 dipendenti (il grosso della produzione, insomma) non avranno condizioni preferenziali  perché i tassi sui finanziamenti richiesti, secondo il decreto, andranno poi discussi in “trattativa di libero mercato” tra banca e azienda con affidamenti, tempi, interessi, saldo delle garanzie, procedure, modulistica da definire volta per volta. Quindi non è vero che i soldi saranno concessi a tasso vicino allo zero ma a molto, molto di più (“di libero mercato”, appunto) e in una trattativa tra banca e un'azienda che magari ha già l’acqua alla gola, secondo voi chi vince?

Eppure le banche si possono finanziare a tasso sotto lo zero con la BCE.

Quindi – in definitiva – il decreto di Conte favorisce le banche, non le imprese!

In quanti l’hanno capito dentro e fuori il governo e quanti cittadini lo possono capire, se c’è una continua informazione raffazzonata, supina e tendenziosa? 

Ma come si può pretendere che con queste pantomine l’Italia possa mai uscire dalla crisi più devastante di sempre? Ma perché - anziché chilometriche comparsate di Conte e dei suoi “tecnici” in TV (ormai un esercito tra esperti, commissioni, comitati, istituti superiori, tavoli, tavoli tecnici e task force) - non si chiariscono piuttosto queste cose e soprattutto non si scrivono norme chiare, semplici, veloci, inequivocabili?  

Eppure le norme dell’Agenzia delle Entrate per chiarire il differimento dei termini  fiscali occupano 44 pagine e ben 150 pagine la prima bozza ministeriale per “la semplificazione (!) e l’accelerazione degli investimenti in materia di opere pubbliche”.

 I numeri sottolineano bene la drammatica realtà e la spasmodica necessità di non affogare: in pochi giorni ben 105,727 imprese hanno chiesto ai prefetti di “aprire in deroga”. Di queste - a ieri - 2,296 domande erano state respinte, ma le altre lavorano (o cercano di lavorare) in regime di “silenzio-assenso”: quante siano poi effettivamente quelle in regola o meno, nessuno lo sa.  

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