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2015/05/01

Black Bloc a Milano


Difficile catalogarli, difficile anche descrivere i contenuti della loro protesta. Per non parlare della loro proposta politica: inesistente.

Un Black Bloc – chiamato così perché i suoi partecipanti tendono a vestirsi di nero - dove Black equivale a nero e Bloc a gruppo, non blocco quindi, è un insieme di soggetti che si definiscono anarchici o di gruppi di affinità che si definiscono anarchici i quali si organizzano tra di loro per un’azione di protesta violenta. 

L’autodefinizione che fa riferimento all’anarchismo - corrente di pensiero antica quanto nobile - è del tutto arbitraria, dal momento che nella cultura dei Black Bloc è proprio l’assenza di pensiero il dato caratterizzante.

Le caratteristiche di un Black Bloc cambiano di azione in azione. 

I Black Bloc non sono un gruppo o un’organizzazione, non hanno sedi o giornali e neppure una precisa ideologia. L’unica idea guida è quella di attaccare e distruggere tutti i simboli del capitalismo. Proprio per le loro caratteristiche qualsiasi Black Bloc è perfettamente infiltrabile.

Ad accomunarli solo la forza distruttiva dell’azione. Il NO radicale a tutto.

Nichilismo allo stato puro? Perfino il nichilismo - inteso come corrente politica rivoluzionaria nella Russia del secondo ‘800 – aveva in sé qualche germe di propositività. 

L’idea unificante del circuito Black Bloc – che non è una struttura organizzata e tantomeno una forza politica, seppure minoritaria – è quello della pratica distruttiva: la distruzione dei simboli del capitalismo come estrema conseguenza del rifiuto di ogni rapporto con le Istituzione della società moderna.

Il dato da tenere sempre presente per non incorrere nell’errore tipico in cui cadono regolarmente i media tradizionali e buona parte della magistratura italiana (i formidabili cervelli togati di Cosenza, in particolare) è che i Black Bloc NON sono un’organizzazione. NON esiste una sede dei Black Bloc, né in Italia, né all’estero. Né un giornale dei Black Bloc. Né un’ideologia Black Bloc. 

Esistono invece dei soggetti che – in particolari occasioni, solitamente manifestazioni e cortei – si aggregano momentaneamente, quel tanto che basta a commettere un’azione violenta.

2015/04/29

Un Colpo di Stato chiamato Italicum


Colpo di Stato, Renzi nuovo Duce, a quale luce ci conduce?

Pur nella modestia del mio sapere , raccolgo l'insegnamento di Aristotele, “quelli che si danno pensiero della Costituzione devono procurare motivi di timore, in modo che i cittadini siano in guardia e non allentino la vigilanza intorno alla Costituzione” : nel delirio riformatore del Governo Renzi, l'Italicum è un'autentica vergogna, un guazzabuglio che può far saltare l'intero sistema istituzionale, distruggendo la nostra Carta fondamentale , garante dei diritti inviolabili dell'uomo. Dobbiamo constatare che il Parlamento, sconfessato dalla Consulta, si appresta a riformare la Costituzione con l'abolizione del Senato e a varare un sistema elettorale non democratico. A proporre le riforme erano due personaggi privi di potere propositivo legittimo ora ne è rimasto solo uno ancora pericoloso, forse più dell'altro perché non controllabile. 

Quello che si è chiamato fuori accortamente, non saprei dire quanto, ma nel frattempo aveva favorito questa legge truffa quando ancora muoveva i primi passi in cerca di consensi e approvazioni, era stato condannato per evasione fiscale con una sentenza truffa, inventata di sana pianta per toglierlo dalla scena, che ora se l'è ripresa tutta anche se con qualche errore strategico, l’altro perché era titolare di una carica che lo rendeva incompatibile col mandato parlamentare. Renzi bimbo prodigio della politica a caccia di maggiore potere personale, sta violando tanti principi costituzionali. A completare la distruzione giuridica, politica e morale della nostra Repubblica, afflitta da gravi diseguaglianze, si aggiunge il sistema elettorale che riproduce in modo arrogante le incostituzionalità già accertate dalla Corte. Ma vediamo quali sono le caratteristiche della legge golpista votata alla Camera, intrisa di trucchi e contraddizioni, oltre che del tutto incoerente con le raccomandazioni della Consulta.

Il sistema prevede un premio abnorme alla coalizione che supera il 37%, portando il vincitore al 55% dei seggi. Otterranno seggi i partiti che superano lo sbarramento del 4.5 per cento, che concorrono tuttavia alla soglia per il premio di maggioranza. In mancanza del 37%, vanno al ballottaggio le due coalizioni più votate. Perchè la coalizione partecipi alla ripartizione dei seggi deve raggiungere il 12%. I partiti che corrono da soli devono raggiungere l'8 %.

Questo sistema comporta una alterazione profonda della rappresentanza democratica premiando oltremodo le alleanze ibride e penalizzando ingiustamente i partiti che corrono da soli. La frode è colossale: da una parte aumenta la frammentazione dei piccoli partiti, salvati con le coalizioni. L'imbroglio serve a consentire a Forza Italia, con l'aiuto di Lega, fratelli d'Italia, NCD, e di una miriade di partitini, a superare il 37%, cosa probabile, avendo quel partito il controllo di tutte le TV pubbliche e private e fruendo di un permanente conflitto di interessi che Renzi non eliminerà. Una minoranza del 37 per cento di nominati dall'alto, privi di capacità e libertà, eserciterà un potere assoluto sul 67 per cento degli elettori. Non solo; abolito il Senato, con una sola Camera, tutte le contro riforme liberticide saranno possibili, anche quella presidenziale e della giustizia da sottoporre al controllo del Governo, annunciate dal bimbo prodigio. Situazioni del genere portano diritto alla dittatura. Una legge proporzionale fu nefasta per la Repubblica di Weimar (1919), e preludio del nazismo. 

Altro vulnus alla Costituzione è la mancanza di preferenze. Ci saranno liste bloccate corte, con un minimo di tre candidati e un massimo di sei. 
- L'eliminazione della preferenza viola l'art 48 della Costituzione “Il voto é personale ed uguale, libero e segreto”. 
- L'articolo 3 della Convenzione per i diritti dell'Uomo del 1950 : “ Le parti contraenti si impegnano ad organizzare libere elezioni, in condizioni tali da assicurare la libera espressione dell'opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo”. 
- Viola l'articolo 21 della dichiarazione universale dei diritti dell'Uomo dell'ONU di NY del 1948: “Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio paese , sia direttamente sia attraverso rappresentanti liberamente scelti... attraverso veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale e uguale, ed a voto segreto e libera votazione”. 

Senza preferenza il diritto di voto viene trasferito alle segreterie di partiti, senza regole guidati da pochi oligarchi. Che scelgono i rappresentanti del popolo, indipendentemente da qualità e valore dei candidati. Il vero potere dell'elettorato é nello scegliere chi lo rappresenta e attraverso lui chi lo governa. La preferenza é l'essenza della democrazia. L'elettore che vota non decide solo cosa fare, ma chi farà, tra i candidati proposti. L'elettore preferisce un candidato credibile, sia pure con un programma modesto, e non un candidato poco credibile con un programma eccellente che non sarà mai realizzato. 

Se si elimina la preferenza, si abbandona il criterio del merito posto a base della Costituzione, e della par condicio tra i candidati. Tucidide fu il primo a parlare di democrazia selettiva: ”Abbiamo una costituzione chiamata democrazia; ciascuno é preferito a seconda del suo emergere in un determinato campo, non per la provenienza da una classe sociale. E se uno può fare qualcosa di buono alla città, non ne é impedito dalla oscurità del rango sociale. “

Le pluricandidature , altro vizio dell'Italicum, violano l'articolo 51 della Costituzione  “tutti i cittadini dell'uno e dell'altro sesso possono accedere alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza”. La condizione di eguaglianza viene violata poiché i candidati al vertice dell'elenco sono preferiti al di là del numero delle preferenze ricevute. Ma anche se l'elettore accetta l'ordine della lista, è ingannato da ciò che accade dopo la votazione. 

 Infatti per l'Italicum i notabili dei partiti possono presentarsi in ogni collegio nazionale. I loro nomi aprono le diverse liste. L'elettore, se mette una crocetta sul partito, illudendosi di scegliere i primi della lista, viene indotto in errore: la scelta finale spetta al plurieletto, capolista in diversi collegi elettorali. Costui , decidendo d’ancorare il proprio seggio a questo o a quel collegio, decide anche le sorti di chi gli sta dietro nel listino. E tale decisione si consuma dopo le elezioni, che così diventano farsa, messinscena, antitesi della democrazia elettiva e selettiva. 

E' uno spettacolo cui abbiamo già assistito. Nel 2006 trascorsero un paio di settimane prima che ci fosse dato conoscere le facce dei nuovi deputati e senatori. Nel frattempo il Palazzo registrava l’altalena fra eletti rinuncianti e primi dei non eletti subentranti. Risultato: un terzo dell’intero Parlamento venne scelto dalle segreterie politiche e non dagli elettori. Ed accadde che i subentranti erano meno bravi e indipendenti degli esclusi. Ed erano al servizio del benefattore che aveva loro spianato la strada, ingannando gli elettori. 

Si sostiene che queste illogicità plateali, queste storture aberranti, si rendono necessarie per assicurare la governabilità anche se sacrificano l’eguaglianza, principio fondante della Costituzione. Che dovrebbe recedere a fronte di un obiettivo che, al di là del costo altissimo, come dice Gianni Ferrara, in termini di tollerabilità democratica, è tutt’altro che certo e comunque non sicuramente virtuoso. Lo dimostra l’esperienza disastrosa del governo Berlusconi, che dal 2008 al 2011 disponeva di una maggioranza enorme e di una notevole governabilità. 

Si sostiene che la sera dell’elezione gli elettori devono “sapere chi li governa”. Mai menzogna fu più spudorata. Averla prima inventata e poi diffusa ha determinato il rovesciamento del senso dell’elezione trasmutandola in scelta di colui dal quale si sarà governati. L’elezione non sarà più diretta alla scelta del rappresentante della volontà, dei bisogni, dei progetti del popolo cui spetta la sovranità. La sovranità sarà capovolta, diverrà sudditanza ad un capo assoluto. La tragedia della democrazia si rappresenterà con la farsa dell’elezione. 

E' inaccettabile che la Costituzione venga stravolta da un parlamento di nominati pronti ad ogni porcheria pur di salvare la poltrona, un parlamento sostanzialmente illegittimo perché eletto con una legge dichiarata illegittima dalla Consulta. Con quale diritto un simile parlamento viene oggi chiamato a varare una nuova legge altrettanto antidemocratica ed incostituzionale? E con quale diritto il capo del governo ha usato - per la prima volta nella storia in materia elettorale - il "voto di fiducia" per piegare la minoranza del suo stesso partito?

Questa legge, però, non è voluta solo da Renzi. Essa è il modello ideale per le oligarchie finanziarie - nazionali e internazionali - che dominano la politica italiana. E' la legge voluta dai signori dell'euro e dell'austerità. Costoro non hanno più il consenso, e dunque debbono truccare le regole del gioco. Come ci insegna anche la vicenda greca, essi non tollerano la democrazia. 

Prima di approvare questa legge, intervenga il Presidente della Repubblica per le palesi violazioni della Carta. E ci pensino bene i parlamentari del Senato. Potrebbero favorire o cogliere l’occasione per rivelarsi capaci di salvare l'Italia dal regime.

Testo corretto e aggiornato da uno scritto di Ferdinando Imposimato

2015/04/25

Disperati


Mi sento in profonda difficoltà a parlare delle ennesime catastrofi umanitarie nel Mediterraneo perché mi sembra di vivere una grande contraddizione. 

Tutti ci indigniamo ma poi non facciamo niente, spesso neppure neanche una piccola offerta per un aiuto, tutti straparliamo di morti in fondo al mare mentre si beve l’aperitivo al bar o al ristorante si cazzeggia davanti a una buona specialità gastronomica. 

Siamo un mondo alienato, assurdo, senza memoria. 

Una mia amica mi faceva notare di aver visto in una vetrina una borsa a 3,500 euro con due palline di pelo di coniglio sintetico (speriamo!) legate alla borsetta, in vendita (le sole palline!) a 345 euro, pur con un loro valore intrinseco massimo di una ventina di centesimi. 

Quei 350 euro sono ben di più del reddito di una famiglia del Burundi per un intero anno di lavoro: può funzionare un mondo così?

Poi non mi va la polemica politica su queste cose, ma era forse cambiato qualcosa dopo i 386 morti annegati dell’ottobre 2013 a Lampedusa? Nulla. E’ cambiato qualcosa dopo che si è scoperto delle preoccupanti infiltrazioni mafiose al centro accoglienza di Mileto, il più grande d’Europa? No. Qualcuno si preoccupa se da questo centro come da tutti gli altri scappano a migliaia? No, anzi, in più spariscono e meglio è.

Si può sostenere che tra i migranti non ci siano terroristi mischiati insieme all’ondata di disperati? No, visto che su 170.000 persone arrivate in Sicilia l’anno scorso larga parte non sono state neppure identificate. Ma di cosa si parla se non con superficiale demagogia, in cui rischio di cadere anch’io?

Da quanti mesi i lettori di questo blog leggono il mio appello di bloccare il traffico di carne umana eliminando con i droni i barconi vuoti ormeggiati in Libia? Mesi fa era “demagogia”, ora questa necessità l’ha scoperta pure Renzi, ma sta facendo qualcosa? In concreto nulla, con l’ Europa di fatto assente e lontana – al di là delle chiacchiere - che al massimo passa una elemosina.

Si è fatto qualcosa quando il ministro Gentiloni 3 mesi fa (e non solo lui) ha annunciato la presenza di un milione di persone in attesa di transito? Nulla.

Ma ci si può fidare di organizzazioni umanitarie che spendono il 79% (settantanove per cento) dei fondi introitati in spese generali? Leggete i loro bilanci, ma di queste cose non si parla mai !!!!

Per tutti questi motivi mi sento impotente, inascoltato, non accetto la demagogia di fatto becera e razzista, le “chiusure” e l’arroganza, ma neppure quella di chi sta al governo e dice “L’Italia sta facendo” quando sostanzialmente non è vero, salvo il lavoro di tanti volontari, ma anche con un gigantesco scaricabarile e chiudendo gli occhi, come quando a Caserta nascondevano i rifiuti sottoterra, salvo poi ritrovarsi tutto inquinato. 

Nel 1978 andai la prima volta in Africa a lavorare in un cantiere del nord della Nigeria che si chiama Bakolori. Tornando scrissi “Arriveranno a milioni” Sbagliavo, sono arrivati in decine di milioni e dieci volte di più arriveranno. 

Bisognava e bisogna aiutarli nel loro paese, ma poi concretamente non lo fa nessuno. Così, tutti, “tiriamo a campare”, anche sulla pelle di chi finisce in fondo al mare.

2015/04/23

La partita di pallone


Immaginate ventidue giocatori di calcio più un arbitro che, per una bizzarra e sconosciuta proprietà fisica della materia, diventano invisibili quando vengono inquadrati da una particolare telecamera a raggi positronici inversi. 
Sarebbe? Non lo so, ma immaginiamolo. 
Arriva in orbita un’astronave aliena con questa tecnologia grazie alla quale essi possono inquadrare e zoomare qualunque zona del pianeta come se stessero filmando da venti metri di distanza. L’attenzione degli alieni viene catturata da una grande struttura illuminata ai bordi della quale sono sedute decine di migliaia di terrestri vocianti che guardano un prato. Su questo prato, senz’anima viva (per gli alieni), c’è una sfera rimbalzante che compie stranissime traiettorie. Alcune traiettorie fanno alzare il volume dei terrestri vocianti, in altri casi la sfera rotola pigramente e i terrestri si calmano per qualche secondo. Ogni tanto capita che la sfera penetri all’interno di una delle due gabbie di rete aperte da un lato, poste a metà dei lati corti del rettangolo di prato. Ogni volta che la sfera entra, gli alieni registrano un picco nel volume degli urli emessi dai terrestri che si mostrano agitatissimi.

Lo spettacolo lascia gli alieni senza parole! Che poteri ha quella sfera? Di cosa è fatta? Come fa a muoversi in quel modo e con quale logica? Ha un cervello? Ha una volontà propria? E se ce l’ha, in base a quale logica decide come e dove andare? O magari è un banale dispositivo tecnologico che necessita solo di essere aperto per studiarne i componenti (il minore dei problemi per gli alieni così tecnologicamente avanzati).

Il comandante dell’astronave decide di tele trasportare a bordo un pallone (così lo chiamano i terragnoli). I migliori scienziati della spedizione, riuniti in una sala sterile e debitamente protetti da scafandri impenetrabili, cominciano le procedure di smontaggio. Pazzesco! Non contiene nulla. Solo aria pressurizzata all’interno di un involucro di comunissimo materiale sintetico. Un oggetto del genere non può essere la causa del suo comportamento, ci deve essere una spiegazione diversa. Nulla nell’Universo accade magicamente. Ci sono delle leggi immutabili e universali. Non si discute.

La stranezza appena rilevata viene trasmessa, insieme alle prove documentali raccolte, sul pianeta d’origine degli alieni, Krackminc. Diventa il caso del giorno, anzi del secolo. Le migliori menti sono al lavoro per cercare di sbrogliare questa matassa inestricabile: a quale fisica sconosciuta obbedisce il movimento di una palla di plastica piena d’aria all’interno di un prato vuoto in un piccolo pianeta ai margini della galassia? Non c’è altra possibilità, bisogna esaminare e registrare minutamente e dettagliatamente ogni singolo movimento della palla e certamente si potranno scoprire delle regolarità che si ripetono. Una volta individuate le regolarità, sarà un gioco da ragazzi ricavare le leggi del moto della palla così apparentemente bizzarro.

I Krackminchioni cominciano così a incamerare mega-giga-tera-petabyte di dati, filmando migliaia di eventi in cui i palloni si comportano in quel modo. Notano che spesso, man mano che la palla si avvicina a una delle gabbie, i terrestri cominciano a urlare e a agitarsi, prima piano, poi sempre più forte, e che, ogni tanto, questo conduce all’acme del clamore che viene registrato nel momento in cui la palla entra in rete. Quindi qualche scienziato di Krackminc propone la teoria che i terrestri siano in grado, in qualche modo, di combinare le loro emissioni vocali, generando onde sonore così coordinate e potenti da imprimere alla palla la traiettoria osservata.

Molti studenti di questi luminari, approfondiscono le osservazioni dei loro maestri e producono dimostrazioni a supporto di questa tesi. Alcuni, molto acuti, fanno notare che la folla non urla tutta nello stesso momento. Una parte lo fa quando la palla va in una certa direzione, l’altra, viceversa. Notano anche che una parte è numericamente più consistente dell’altra e spesso (ma non sempre) la palla entra nella gabbia che scatena le urla della fazione più numerosa. Essendo questa parte di pubblico più consistente, ne derivano che, ovviamente, essi riescono a imprimere più forza alla palla con le onde sonore dei loro ululati.

Come Volevasi Dimostrare! Per questi lavori, vengono promossi e gli viene conferita una cattedra di insegnamento nelle più prestigiose accademie di Krackminc. I quotidiani si contendono i loro editoriali. Qualche voce isolata fa notare che miliardi di osservazioni, tabelle, statistiche sui movimenti della palla, molto raramente (anzi mai) riescono a dirci come essa si muoverà in futuro, ci dicono solo come si è mossa in passato. Questi pochi pazzi osano avanzare l’ipotesi blasfema che forse, quel po’ po’ di lavoro di osservazione puntuale e millimetrica, non servirà a stabilire alcuna legge predittiva. Insomma, lavoro inutile. Comunque sono pochi, hanno pochi studenti e non li conosce nessuno.

Cosa si può prevedere e cosa no

A questo punto una domanda è d’obbligo. Riusciranno mai i chiarissimi professori Krackminchioni a ricavare le leggi fisiche del moto di una palla in queste condizioni osservative? Hanno speranza di trovare una formula, un’equazione, un algoritmo, in grado spiegare PRIMA, quello che farà la palla in un dato momento futuro?

La risposta non può essere che una sola. NO! Finché non riusciranno a vedere che il movimento della palla è causato dal comportamento di un essere vivente e senziente che le imprime una certa forza e una certa direzione, non hanno speranza di cavare un ragno dal buco.

Ma gli basterebbe riuscire a osservare ventidue persone in mutande che tirano calci, per capire esattamente dove andrà la palla? Di nuovo, NO! Prima dovrebbero capire quali sono gli obiettivi e la logica per la quale quei tizi colpiscono la palla. E supponiamo che i Krackminchioni riescano a impossessarsi del regolamento ufficiale del ‘soccer’, gli basterebbe finalmente per predire dove andrà la sfera? Ancora NO! Pur osservando i giocatori, conoscendo le regole e sapendo gli obiettivi di quel pugno di terrestri su un prato verde, non riuscirebbero a prevedere se un giocatore aprirà il gioco sulla fascia destra o sinistra, se tenterà di saltare l’uomo oppure proverà a metterla nel sette da 30 metri. Però magari potrebbero osservare che uno o più giocatori sono più abili degli altri nel raggiungere l’obiettivo (o nel mettere in condizione i compagni di finalizzare) e noterebbero che, molto spesso, questi giocatori sono anche quelli più imprevedibili. In gergo li chiamano fantasisti

Che cosa potrebbero concludere allora questi alieni se conoscessero come stanno veramente le cose? Se non fossero condizionati e obnubilati dalle teorie dei professori custodi della verità e dalle statistiche ufficiali, avrebbero scoperto quello che un signore austriaco scoprì ottant’anni fa, l’AZIONE UMANA.

Questo signore che si chiamava Ludwig von Mises, descrisse e raccontò l’economia facendola dipendere dall’Azione Umana (titolo del suo capolavoro). Cioè disse che non si può prevedere che cosa farà una persona ma si può star certi (se parliamo di un individuo capace di intendere e di volere) che qualunque comportamento deciderà di adottare, lo metterà in atto con lo scopo di accrescere il suo benessere. Il che non vuol dire che ci riuscirà, naturalmente.

Poi disse anche che ogni giocatore ha un diritto fondamentale, che nessuno gli spacchi le gambe per fare prima e meglio a raggiungere il proprio, di benessere. E aggiunse che questo diritto non è stabilito da una commissione regolamentare di saggi, ma accompagna ogni individuo per il solo fatto che è venuto al mondo. Solo in questo modo si spiega il perdurare nei millenni della specie umana e l’esistenza dell’economia che dipende, appunto, dall’azione degli uomini. L’economia, disse, è l’insieme delle azioni di scambio volontario che ogni individuo compie per raggiungere il suo obiettivo di miglioramento di benessere o, detto altrimenti, di diminuzione del suo disagio. Il processo in cui tutte le persone apparecchiano sul tappeto i loro comportamenti si chiama mercato. Le due paroline chiave di questo concetto sono ogni e suo.

Von Mises notò anche che, meno un individuo (o gruppo di individui) è isolato, meglio riesce a lenire il suo disagio, cioè ha bisogno e cerca altri suoi simili con cui poter scambiare ciò che sa fare meglio con quello che altri individui sanno fare, a loro volta, meglio. In questo modo riesce a avere il meglio da tanti senza doversi accontentare solo di quello che sa fare lui. Concluse che questa è l’economia e studiarla vuol dire studiare l’azione umana. Possiamo anche dire che economia è: scambio volontario in cui chi scambia è mosso dall’obiettivo di lenire il suo disagio.

Davanti a questa semplice affermazione molti critici insorgono:

Ridurre il miglioramento della propria condizione al buon fine degli scambi economici è deprimente e riduttivo. Dove la metti l’arte, la cultura, la curiosità scientifica, la gratificazione nell’aiutare il prossimo?

Mises ripose semplicemente che le metteva in un’altra sfera umana che non si può chiamare economia e disse che non aveva i titoli per parlare di questo aspetto degli uomini. Lui studiava il comportamento economico degli esseri umani.

Tutti campioni?

La prima conclusione di una teoria del genere è che tutto il castello sta in piedi a una condizione, che ciascun giocatore, il quale condivide la stessa logica dei compagni, sia libero di decidere, in base alla sua capacità e al meglio delle sue possibilità, cosa fare della palla quando ne viene in possesso. E’ chiaro che così facendo tutti si rendono conto di chi è un fantasista e di chi invece non lo è. Ora succede un fatto molto particolare, la capacità di prendere le decisioni più opportune su dove e come calciare il pallone non è equamente distribuita su tutti i giocatori ma è limitata a un ristretto numero. In una squadra numericamente così ridotta anche chi è meno dotato è in grado di godere e contribuire al successo del suo team.

Normalmente sopperisce al minor talento con la resistenza, la forza fisica e la capacità di corsa, che si rivelano fondamentali anche per i giocatori più bravi e imprevedibili che, altrimenti, schianterebbero di fatica e arriverebbero raramente e poco lucidamente sotto la porta avversaria. In altri termini, non è capace di calciare come un asso ma contrastando e correndo contribuisce al gol e può tranquillamente dire ‘sono un vincente e sono più contento di prima. L’Umanità però non è composta da ventidue individui ma da sette miliardi di esseri dotati di volontà e capacità, ognuno in misura diversa. Questi miliardi di individui, poi, generano miliardi di miliardi di miliardi di azioni e decisioni che derivano dalle loro reciproche relazioni.

Stando così le cose, non è intuitivo per un giocatore di una squadra con sette miliardi di compagni, darsi una spiegazione del fatto che c’è qualcuno che riceve più applausi, più quattrini, più notorietà (e più belle donne) degli altri a causa delle sue capacità. Moltissimi, a un certo punto, smettono persino di considerare i vantaggi che hanno ottenuto facendo parte di un team vincente, e si lasciano sopraffare dalla frustrazione per il fatto che non ricavano gli stessi benefici e onori di coloro che riescono a strappare applausi (e soldi) in ragione delle loro doti. Trovano che questa sia un’ingiustizia e si convincono che è doveroso che ogni persona, per il solo fatto di essere venuta al mondo, debba ricevere una quota bilanciata di successo, applausi e ricchezze. Vogliono che sia in qualche modo garantita una vita dignitosa.

Un atteggiamento che assomiglia molto all’invidia, direbbe un liberista, o che è il nobile anelito di ogni individuo onesto e di buona volontà, risponderebbe un progressista. Resta però il fatto che ci deve essere sempre qualcuno in grado di mettere la palla in rete. Per questa parte di umanità, che insegue l’equilibrio e l’equa distribuzione dei vantaggi, esiste una sola possibilità perché questo obiettivo venga raggiunto. Appoggiare chiunque prometta e reclami di possedere le capacità, le conoscenze e la disinteressata volontà di attuare questo ideale di giustizia. L’istituzione umana che promette e che si candida al raggiungimento di questo obiettivo nobile e disinteressato è, naturalmente, lo Stato.

Tutti brocchi

Una volta che milioni di persone hanno attribuito allo Stato la capacità e gli hanno assegnato il compito di assicurare un equo livello di benessere alla collettività intera, è evidente assistere a una concentrazione di interventi sul processo (l’unico) che genera la ricchezza che andrà poi a essere redistribuita, il mercato. Lo Stato va in panchina a orientare il comportamento della squadra così come fa un allenatore di calcio. Che c’è di male in questo? Non esistono squadre senza un allenatore alla guida, infatti è così. Ma siamo certi di aver capito bene a cosa serve un allenatore? Serve per caso a obbligare Messi o Ibrahimovic a calciare la palla in una certa direzione? E’ possibile immaginare un allenatore che, sulla base delle sue capacità e conoscenze, possa imporre a Pirlo o a Del Piero come battere una punizione? Credo che nessuno possa pensare un’idiozia del genere.

In realtà questo è ciò che fa esattamente lo Stato.

Dice agli imprenditori come devono fare il loro mestiere, come e dove devono investire, chi devono assumere e chi non possono licenziare, quante ore devono tenere aperto il negozio. Poi interviene a fissare costi, prezzi e quote d’importazione, salari minimi e tutta una serie infinita di obblighi a cui deve sottostare chiunque si candidi a diventare (o provare a diventare) un nuovo Pirlo o Messi. Decide a quale interesse devi prestare i tuoi soldi, quindi stampa un sacco di denaro riducendo il potere d’acquisto di quello che ti sei guadagnato con fatica, poi fa un mucchio di promesse, e per quelle poche che mantiene, fa debiti e te li vende, poi non te li restituisce ma te li rinnova pagandoti lauti interessi coi quattrini che ha stampato.

Come pensiamo potrebbe reagire una stella del calcio se la dovessimo sottoporre a obblighi del genere? E, soprattutto, quale livello qualitativo potrebbe avere una squadra i cui due o tre fuoriclasse fossero gestiti in questo modo? La risposta è molto semplice e logica. Il livello generale tenderebbe progressivamente a quello dei meno capaci. Ma quando succede questo, immediatamente crolla il numero delle reti segnate, il gioco diventa prima noioso, poi insensato e comunque sempre più faticoso, gli spettatori paganti e gli sponsor si diradano e sparisce la ricchezza che si vorrebbe distribuire.

Lo Stato reagisce

Davanti a una catastrofe del genere la prima reazione degli Stati è quella di nascondere la verità. E’ fondamentale non perdere il consenso dei cittadini. Se si accorgessero che i pianificatori economici e i distributori delegati di giustizia sociale sono la vera causa del disastro, gli amministratori dello Stato correrebbero il serio pericolo di venir defenestrati. Il modo più antico e efficace per disinnescare questa mina è inventarsi un nemico a cui attribuire le colpe. Orwell l’ha descritto da par suo nel libro 1984.

Proviamo a fare un elenco sommario delle cause dell’insoddisfazione propalate dagli Stati attraverso la scuola pubblica, la cultura sussidiata e i media governativi: l’inquinamento, i cibi troppo calorici, l’eccesso di ambizione, il prevalere dell’egoismo individuale, il riscaldamento globale, l’estinzione delle balene, le sigarette, gli speculatori, le multinazionali, le logge massoniche, i servizi deviati, i talebani, le colture OGM, le troppe auto, i troppo pochi treni, le liberalizzazioni selvagge, la logica del profitto, le onde elettromagnetiche dei telefonini, le scuole private, il gas, il petrolio, l’energia nucleare, il disboscamento selvaggio, la globalizzazione, la Cina, le Cayman, la Svizzera e, last but not least per l’Italia, gli evasori fiscali!

Una volta che queste cause sono ben impresse nel cervello dei cittadini, che garantiscono il consenso, lo Stato applica l’unica terapia che è in grado di somministrare. Espropria quantità sempre crescenti di soddisfazione e di benessere per cui ogni individuo agisce e che è riuscito a ottenere grazie a ciò che sa fare e che altri cittadini gli hanno liberamente pagato (ricordate Mises, il mercato e l’azione umana?). In altri termini aumenta le tasse con la logica conseguenza che la ricchezza prodotta crolla e, quel che è peggio, crolla la fiducia di ogni singolo individuo che lui stesso possa, lavorando di più e meglio, creando, inventando, decidendo in base alle sue capacità se aprire il gioco sulla fascia destra o sinistra, arrivare a segnare il suo gol.

Naturalmente questa terapia è corredata da controlli, sanzioni, ispezioni, intercettazioni, presunzioni di colpevolezza, solleciti, ingiunzioni, pignoramenti, aste giudiziarie, e tutto l’armamentario di azioni coercitive che lo Stato deve mettere in campo. Ironico, vero, per chi sostiene che le tasse sono l’indice di civiltà di un popolo e che sono bellissime? Se oggettivamente lo fossero, a che pro pagare gente armata che ne garantisce la riscossione?

E quindi?

E quindi niente! Non c’è alcuna possibilità di evitare la catastrofe della Libertà individuale e economica, che sono la stessa cosa, all’interno di un sistema Stato che ha la struttura delle attuali mega-nazioni centralizzate con decine e centinaia di milioni di abitanti. L’evoluzione di questi sistemi porta necessariamente in una sola direzione. Una dittatura quasi inavvertibile all’inizio, che diventa soft, poi sempre meno soft fino al punto di non ritorno. Un percorso analogo alla condizione del tossicodipendente. Moltissimi tossici prima di precipitare nell’abisso terminale sostengono di poter smettere quando vogliono, quindi perché negarsi due ore di sballo se si considerano nel pieno controllo della situazione?

Se le cose stanno in questi termini, e secondo me lo sono, l’unica fiammella di speranza sono i movimenti autonomisti e indipendentisti il cui vero obiettivo non è mitragliare i poveri che hanno il colore della pelle diverso dal nostro, bensì costruire delle piccole nazioni in cui i cittadini vivano a pochi metri dal politico chiamato a amministrare. In cui una campagna elettorale non costa centinaia di milioni di euro. In cui una decisione che impatta la collettività viene discussa, appoggiata, avversata, criticata aspramente, supportata con la massima libertà, e poi sottoposta al gradimento di tutti.

Una modalità del genere non può funzionare in una nazione che si estende dalle Alpi a Lampedusa ma funziona benissimo in staterelli di ridotte dimensioni dove, tra l’altro, si parlano pure lingue diverse.

2015/04/21

Rifugiati


L'onda della marea dei rifugiati, non un semplice passo di oche selvatiche, gli occhi di carbone nei vagoni merci, le facce smunte, e in particolare lo sguardo fisso dei bambini emaciati, gli enormi fardelli che traversano i ponti, gli assali che cricchiano con un suono di giunture e di ossa, la macchia scura che passa le frontiere sulle carte geografiche e ne dissolve le forme, come succede ai corpi dei morti dentro le fosse di calce, o come fa il pacciame luccicante che si disfa sotto i piedi in autunno nel fango, mentre il fumo di un cipresso segnala Sachenhausen, e quelli che non stanno sopra un treno, che non hanno muli o cavalli, quelli che hanno messo la sedia a dondolo e la macchina per cucire sul carretto a mano perché da tempo le bestie hanno lasciato i loro campi al galoppo per tornare alla mitologia del perdono, alle campane di pietra sui ciottoli della domenica e al cono della guglia del campanile aranciato che buca le nubi sopra i tigli, quelli che appoggiano la mano stanca sulla sponda del carro come sul fianco del mulo, le donne con la faccia di selce e gli zigomi di vetro, con gli occhi velati di ghiaccio che hanno il colore degli stagni dove posano le anitre, e per le quali c'è un solo cielo e una sola stagione nel corso di un anno e è quando il corvo come un ombrello rotto sbatte le ali, si sono tutti ridotti alla comune e incredibile lingua della memoria, e questa gente che non ha una casa e nemmeno una provincia parla delle fonti limpide e parla delle mele, e del suono del latte in estate dentro le zangole piene, e tu da dove vieni, da quale regione, io conosco quel lago e anche le locande, la birra che si beve, e quelle sono le montagne dove riponevo la mia fede, ma adesso sulla carta, che è simile a un mostro, altro non si vede che una rotta che ci porta verso il Nulla, anche se sul retro c'è la veduta di un posto che si chiama la Valle del Perdono, dove il solo governo è quello dell'albero dei pomi e le forze schierate dell'esercito sono gli striscioni di orzo all’interno di umili tenute, e questa è la visione che a poco a poco si restringe dentro le pupille di chi muore e di chi si abbandona in un fosso, rigido e con la fronte che diventa fredda come le pietre che ci hanno bucato le scarpe e grigia come le nuvole che, quando il sole si leva, si trasformano subito in cenere sopra i pioppi e sopra le palme, nell'ingannevole aurora di questo nuovo secolo che è il vostro.

(Derek Walcott)