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2020/12/09

Falling Man


Il mistero dietro la foto di "Falling Man" scattata durante gli attacchi dell'11 settembre

19 anni dopo i terribili attacchi dell'11 settembre 2001, la famosa foto di Richard Drew è ancora piena di mistero.
La maggior parte delle immagini che conserviamo dell'11 settembre sono di distruzione di massa, folle, polvere, cenere e fiamme. Ma quello di Falling Man ("l'uomo che cade", in italiano) si concentra su una vita, una morte, un uomo in mezzo alla massa, che si scioglie in linee fugaci e vertiginose.

Catturata da Richard Drew (per l'Associated Press), l'immagine ricorda la solitudine di fronte alla morte e ogni vita persa ingiustamente quel giorno. La sagoma di quest'uomo anonimo è circolata sui media internazionali all'indomani degli attacchi, ma gradualmente ha cessato di esistere sui media americani, come una censura progressiva. Tuttavia, quest'uomo continua a segnare la coscienza, 19 anni dopo.

Inconsapevolmente, quando ha iniziato a fotografare le Torri Gemelle in fiamme e intrappolate in una densa nuvola di fumo, il fotoreporter americano Richard Drew stava per catturare la foto che rimarrà nell'inconscio collettivo legato al uno degli eventi storicamente più fotografati. In perfetta simmetria, prendendo come sfondo una torre colossale, ha congelato la traiettoria di un uomo nell'aria, che si è gettato nel vuoto dopo l'impatto del primo aereo sulla Torre Nord del Mondo Centro commerciale.

Richard Drew racconta
In un articolo del 2011 pubblicato dal sito web Daily Beast , Richard Drew dice che stava cercando di fare un servizio di moda e stava parlando con un cameraman della CNN quando quest'ultimo ha puntato il dito alla prima svolta. Il suo editore le ha detto di abbandonare le riprese e di andare a coprire l'evento. Quando è sceso dalla metropolitana, Richard ha visto le due torri in fiamme. Un secondo aereo aveva colpito la seconda torre quel tanto che bastava perché potesse viaggiare.

Intervistato da Time, spiega che ha istintivamente preso la sua macchina fotografica (una Nikon DCS-620) quando ha visto cadere tutte queste persone. Ha iniziato a scattarli a raffica con il suo obiettivo da 200 millimetri. Situato in un angolo perfetto, a un incrocio, è riuscito dopo pochi secondi a concentrarsi sulla traiettoria di un uomo, quello che sarà conosciuto come "Falling Man". Di tutti quegli scatti a raffica, solo uno ha fatto la differenza, quello che tutti conosciamo, catturato alle 9:41 e 15 secondi, dove quest'uomo è perfettamente allineato con le linee della facciata dietro di lui, con la testa verso terra. A quel tempo, Richard Drew non aveva idea di aver scattato una foto di quest'uomo in quella posizione esatta.

Una distanza abolita tra chi guarda e la foto
Richard Drew descrive la sua fotografia come "uno scatto calmo, a differenza delle cose violente che siamo abituati a vedere in altri disastri. Sembra che una croce umana stia dividendo in due l'edificio del World Trade Center. Non è così. non c'è sangue, né spari " . Ciò non ha impedito al pubblico di identificarsi e mettersi nei panni di questo corpo. 

A differenza di altre foto dolorose di questo evento, non c'è più distanza tra lo spettatore e la foto. Le persone sentono più che mai che questo può accadere a loro, e che avrebbero fatto la stessa cosa di lui: gettarsi dalla torre.

Toccato e segnato da questi fatti che ha dovuto denunciare e immortalare, Richard Drew spiega che ogni fotografo non deve considerarsi una vittima: "I giornalisti non fuggono lontano da un incendio o da un edificio che crolla, prendono in prestito proprio in questa direzione, perché è nostro dovere registrare la storia Abbiamo avuto un attacco terroristico sul nostro suolo e non vediamo persone che muoiono tra tutte le foto che sono circolate . ..] . Dovevo rimanere emotivamente intoccabile di fronte a quest'uomo. 

L'identità del "Falling Man" ancora sconosciuta
È stato in un post di Esquire che il titolo della foto è caduto. Tom Junod, giornalista, ha chiamato la sua indagine The Falling Man . E quel nome è rimasto. Ad oggi, l'identità di questo "Falling Man" rimane sconosciuta al mondo intero. Si ritiene che fosse uno dei dipendenti del ristorante Windows of the World situato all'ultimo piano della Torre Nord del World Trade Center. Di tutte le persone che caddero quel giorno, quest'uomo vestito con una "tunica bianca con una maglietta arancione sotto" attirò l'attenzione di Richard Drew. Perché ? Non può spiegarlo a se stesso. Non ha cercato personalmente di scoprire la sua identità, non era questo l'obiettivo.

Questo nome e quest'uomo sono diventati un'allegoria di uno dei più grandi traumi negli Stati Uniti. Tom Junod è andato alla disperata ricerca della sua identità e non è riuscito a trovare il suo nome. In questa indagine, spiega che questa immagine "esiste come uno studio della verticalità condannata, una fantasia di linee rette con un uomo incrostato nel mezzo, come un picco". " Pic", "croce", immagine della morte o anche "l'uomo che cadde verso la Terra", come direbbe il giornalista canadese Peter Cheney , queste sono le parafrasi per designare quest'uomo senza nome, il cui anonimato gli conferisce uno status simbolico.

"Potrebbe essere un uomo di corporatura normale, pelle scura, probabilmente di origine ispanica. Sembrava che stesse indossando un pizzetto, era vestito con una camicia bianca, una giacca nera. "Uniforme e pantaloni neri come i dipendenti del ristorante Windows of the World che si trovava al 107 ° piano della Torre Nord",  descrive Peter Cheney. In totale, 79 dipendenti di questo ristorante sono stati uccisi quel giorno. L'uomo che cade era presumibilmente uno di loro. Peter Cheney va anche oltre. È certo di aver trovato l'identità esatta di quest'uomo: Norberto Hernandez, residente nel Queens, che occupa l'incarico di pasticcere.

Ma la famiglia dell'uomo finisce per contraddirlo e rifiuta di credergli per problemi di abbigliamento: la moglie di Norberto Hernandez è convinta che il marito non indossasse nulla sotto la camicia, mentre la sorella resta convinta che lo sia. buono da parte sua. Tra false identità e nomi ipotetici contraddetti, questo anonimo non porterà mai un nome. Come riassume Tom Junod nel 2003: " The Falling Man non cade più solo attraverso cieli blu vuoti. Cade attraverso vasti spazi di memoria, continuando a prendere velocità".

Una storia di autocensura nazionale
Il giorno dopo la sparatoria, Richard Drew ricorda di aver visto la sua foto sul New York Times . Considerava questo pregiudizio giornalistico molto coraggioso poiché il paese era in lutto. I titoli continuano, poi tocca a Morning Call pubblicare questa foto nell'ultima pagina. Anche l'editore ha visto questo come un gesto forte.

Esquire si accontenta di vederlo apparire al centro delle sue pagine. Il New York Times e Morning Call hanno ricevuto un'enorme quantità di critiche e lettere da commercianti o lettori che dicevano che non avrebbero mai dovuto pubblicare questa foto, specialmente in una, e quella era troppo violenta per i bambini. Sono circa un centinaio le pubblicazioni di questa foto, in giro per il mondo, pochi giorni dopo gli attentati.

A poco a poco, come un boomerang che torna, un fenomeno di autocensura, tacita e nazionale, si insedia sui media americani che non possono più sopportare di vedere questa fotografia. In questo articolo di Le Monde , Richard Drew descrive ironicamente questo cliché come "il più famoso che nessuno abbia mai visto". Questa foto scompare dalla stampa, ma anche da film e documentari dell'11 settembre dove si preferisce mettere in risalto altri luoghi comuni.

Non ci sono più immagini o registrazioni di persone che saltano dalle torri circolanti . Lo scrittore Don DeLillo, avendo intitolato il suo libro sugli attacchi dell'uomo che cade e l'atmosfera di caos degli attacchi, non ha voluto usare questa immagine. 19 anni dopo, nonostante tutto, la foto ossessiona ancora e continua a far parlare di sé.

2020/12/03

La fine di una storia deve essere totale, non parziale!



Il pensiero di Ignazio Corrao lo rispetto, aggiungo la sua storia per i posteri, ma non è detto che io lo condivida.
Essere eletto nelle file di un partito o movimento politico significa guadagnarsi uno stipendio perché si è stati eletti in quel partito o movimento che sia, uscirne senza rinunciare allo stipendio è il vero tradimento.
Io non sono d'accordo, rinunciare a tutto è corretto, solo parzialmente assolutamente no.

Scrivere un post del genere non è operazione semplice, è uno di quei post che scrivi, cancelli e riscrivi. Questo è uno di quei post in cui non sei mai sicuro se sia giusto provare a spiegare tutto dettagliatamente oppure lasciare al tempo il compito di riempire le caselle mancanti.
Provo a tracciare, a grandi linee, i motivi che mi portano oggi a scrivere, dopo mesi e mesi di enorme sofferenza interiore, questo post.
Quando una lunga e intensa storia d'amore finisce, mi insegna chi ci è passato, si passano diverse fasi. Dal rifiuto di accettare che questa non sia più quella che era, quindi il rifiuto dell'idea di perdere qualcosa che si ama, si passa al disperato tentativo di recuperarla, di riavere indietro quel bellissimo rapporto che vive ancora nei nostri pensieri. Superate queste due fasi, in cui tenti in ogni modo di recuperare le cose con un atteggiamento costruttivo, di solito subentra una terza, quella caratterizzata da rabbia e frustrazione a causa di tutti i tentativi andati a vuoto, che alimentano una delusione che ti porta verso una botta di realismo e quindi dritto verso la fase 4, quella in cui sostanzialmente perdi le voglia di rivalsa e le speranze che le cose si possano recuperare. Una fase caratterizzata da tristezza, delusione, malinconia e perdita di fiducia. Fase che per fortuna generalmente passa e viene superata dalla fase finale, quella della accettazione della realtà. In cui si elabora l'accaduto, lo si razionalizza e si volta pagina, si va avanti portandosi questa esperienza nello straordinario e personalissimo bagaglio della nostra vita.

Con le dovute differenza e distinguo, quello che sto per scrivere è un post di chi è stato tradito in una intensa storia d'amore, ma che - trascorso più di un anno dall'inizio degli eventi traumatici - ha già passato le 5 fasi e può raccontare i fatti in modo sereno e razionale.
La mia storia con il m5s inizia nel 2005, avevo 21 anni, giravo il Mondo e avevo una voglia matta di cambiarlo. Quando non viaggiavo studiavo all'università (di Palermo, giurisprudenza) e detestavo profondamente la classe dirigente italiana e l'esercito di lacchè che gli andava (e continua ad andare) dietro per avere vie agevolate nella vita a scapito di altri, più meritevoli. Era l'anno in cui Beppe Grillo aprì il suo seguitissimo blog, che spinse tanti altri ragazzi a cimentarsi in operazioni di ricerca e diffusioni di informazioni alternartive. La mia storia con il m5s inizia lì, con la controinformazione che pian piano si diffonde con l'avvento dei social networks e che porta alla nascita di una vera community intorno al blog di Beppe Grillo: i meetup. All'inizio furono un caotico ma felice luogo, virtuale e fisico, ove scambiarsi idee e informazioni e coordinare azioni a livello locale (e non solo), poi divennero il volano per la presentazione delle prime liste civiche, con delle regole e obiettivi chiari e univoci (carta di Firenze) e quindi si arrivò ai V-Day e alla nascita del MoVimento 5 Stelle.

A quei tempi io ricordo cosa dicevamo, facevamo fiato sul collo per avere trasparenza dalle istituzioni e quando eleggevamo un consigliere comunale o regionale eravamo le persone più felici del Mondo perchè avevamo qualcuno che da dentro potesse tirar fuori informazioni e documenti e renderli conoscibili ai cittadini, attraverso la rete. Attraverso questa attività di divulgazione eravamo certi che la pressione su una politica autoreferenziale e senza trasparenza sarebbe stata tale da spazzarla via. Abbiamo lottato e dedicato giornate, settimane, mesi e anni interi per divulgare questi messaggi e aumentare il numero di persone disposte a farlo. Parlavamo di democrazia diretta ma il reale obiettivo era una rivoluzione culturale, fare in modo che un cittadino informato fosse un cittadino consapevole e quindi un cittadino libero, che non crede alla propaganda e alle bugie che vengono vendute come verità sui media (a anche sui social da qualche anno).

Per anni ci siamo riusciti ed è stato meraviglioso, straordinario. Una incredibile storia che mi porterò nel cuore per tutta la mia vita e di cui sono stato testimone oculare e anche protagonista. Ero in prima linea quando per anni ci siamo trovati con persone del tutto estranee alla politica e agli interessi che ci girano intorno, persone che ci hanno messo la faccia e il tempo gratuitamente, anzi spesso ci hanno messo denaro di tasca, parchè uno dei cavalli di battaglia era quello che non ci volessero barche di denaro pubblico per far politica. Era vero.
Per carità, c'erano cose che non funzionavano e andavano corrette e cambiate anche allora, ma avevamo la fortuna di avere due fondatori senza ambizioni politiche e di carriera personali, che portavano avanti una idea rivoluzionaria e non prendevano decisioni in base ad un tornaconto personale o per stare più a lungo possibile su una poltrona (anzi di poltrone non ne volevano, nè per loro e neanche per loro amici e parenti). Quando il neonato moVimento 5 Stelle prendeva numeri da prefisso telefonico alle prime tornate dove partecipavamo, io c'ero. Venivamo derisi e non considerati, ma eravamo orgogliosi di fare qualcosa di giusto. Quando il m5s ebbe i primi risultati considerevoli, nel 2012 a Parma e in Sicilia, io c'ero e non dimenticherò mai l'adrenalina di quei momenti. Allora si capì subito che saremmo entrati in parlamento con numeri importanti, e molti provarono a riciclarsi e saltare sul carro anche allora.

Solo che un signore visionario di Milano lo impedì consentendo di candidarsi solo a quelli che ci avevano messo la faccia prima nelle liste civiche, quando non c'era niente da guadagnarci. Funzionò e nel 2013 entrarono in parlamento ragazzi agguerriti, estranei alle logiche del sistema, che portarono nelle tetre stanze del potere romano una ventata di freschezza e novità. Si sarebbe potuto andare al governo subito (seguendo la logica che tutti i politicanti italici hanno sempre seguito, ossia fare sempre l'esatto contrario di quel che si dice, si vince sempre tutti), mettendosi d'accordo con quelli che avevi promesso di mandare a casa. Si preferì giustamente tener fede agli impegni presi con gli elettori e si fece opposizione vera, chiudendo la triste epoca del bipolarismo finto in cui maggioranza e opposizione fingono di litigare solo in campagna elettorale e sono sempre d'accordo sulla protezione dei grandi interessi e sulla difesa di privilegi comuni. Stessa cosa in Europa, entriamo nel 2014 e io sono il più votato e il primo capodelegazione, entriamo nelle istituzioni e ci battiamo contro il tarallucci e vino dell'establishment, portiamo fuori dati, documenti, battaglie. Ci facciamo conoscere e apprezzare. Sembrava un processo inarrestabile, eppure, a un certo punto, le cose sono iniziate a cambiare.

Il primo evento, estremamente traumatico, che cambia la storia e il percorso del m5s è datato aprile 2016. Scompare il fondatore del MoVimento 5 Stelle e con lui se ne va una sorta di filtro e di garanzia, sia nell'attuazione di scomode azioni politiche che di respingimento degli assalti del sistema. Non posso dire con certezza che tutto cambia da quel momento ma di sicuro da lì inizia un lento ma inesorabile percorso di snaturamento. Alcuni potranno dirmi, e probabilmente lo fanno con ragione, che era evidente la trasformazione già a fine 2016 e inizio 2017, quando si cambiò lo statuto e si tentò la sciagurata (e respinta) entrata nel gruppo politico dei liberali dell'ALDE. Con il senno di poi, posso anche dargli ragione, ma in quella fase io ero ancora straconvinto che quei sintomi (rivelatosi poi segnali evidenti) fossero delle piccole e superabili cose rispetto allo straordinario cambiamento che potevamo realizzare. Avevo la testa a portare risultati in Europa (dove eravamo si nel gruppo con Farage, ma avevamo piena autonomia di voto e portavamo avanti battaglie giuste, contro l'establishment, di cui ero fiero e orgoglioso) e alle regionali siciliane, dove mi sono battuto come un leone girando la mia isola comune per comune (pur non essendo candidato, come nelle precedenti) per riuscire a cambiarla. In quella campagna del 2017 ero il coordinatore dei 70 candidati del m5s. Ci siamo battuti non lasciando nulla di intentato e ci siamo andati vicini. Da lì via la strada verso le politiche del 2018, qualche mese dopo, in cui visti gli ottimi risultati siciliani (anche nei Comuni, che coordinavo) mi viene chiesto di coordinare i referenti di ogni Regione a livello nazionale.

Nel 2017, esattamente nella nostra kermesse di Rimini, si procede anche all'elezione del nuovo capo politico (senza alcuna competizione interna vince Di Maio), una figura che doveva avere solo un valore formale, in quanto richiesta dalla legge, ma che si trasforma presto in una sorta di figura monarchica investita di pieni poteri esecutivi e nessun contrappeso. La successiva campagna delle politiche è un altro passaggio problematico che snatura il m5s, un po' per via della assurda legge elettorale (mista e senza preferenze) e un po' per responsabilità nostra, che avalliamo tutti la ricerca dei nominati all'uninominale nella "società civile", ossia al di fuori dei nostri gruppi e dei meetup. Scelta dettata dalla volontà di incassare il massimo risultato possibile aprendo e allargando la base e che effettivamente porta al raggiungimento del risultato sperato. Ma quale è stato il prezzo da pagare?
Il ritorno in parlamento nel 2018 è stato trionfale. Riconosciuti universalmente come i vincitori delle elezioni ci si mette al lavoro per andare al governo e realizzare il nostro programma, così come promesso in campagna elettorale. Dopo varie vicissitudini si riesce a trovare una quadra e con un "contratto di governo", votato e sottoscritto, si sancisce la nascita del governo Conte I.
Nei primi mesi dai neofiti di Governo, il moVimento 5 Stelle ha la spinta del popolo e dalla gloriosa campagna elettorale appena conclusa e fa il MoVimento 5 Stelle: impone il rispetto del contratto, detta i tempi e l'agenda, fa pesare il suo 33%, quindi essere 2/3 della maggioranza e trasforma in legge alcuni dei punti salienti della campagna elettorale (reddito di cittadinanza, decreto dignità, spazzacorrotti, inizia l'iter per taglio vitalizi e taglio parlamentari ecc). Remiamo tutti nella stessa direzione e rivendichiamo con forza, sui media e sui territori, il lavoro che si sta portando avanti, Poi, ad inizio 2019, qualcosa si inceppa e cambia irreversibilmente. Sarà stato l'abituarsi allo strabiliante luccichio dei palazzi ministeriali romani o aver iniziato ad ascoltare più i superburocrati dello Stato che gli inascoltati cittadini? Questo non lo so, ma di sicuro da lì in avanti qualcosa si modifica e si trasforma ad un ritmo costante ed esponenziale, come in una folle corsa verso il baratro.

Nel rapporto con la Lega nord qualcosa comincia a non funzionare. Salvini acquisisce troppa popolarità e incute riverenza in tantissimi esponenti del m5s, che di fatto cominciano ad assecondarlo e inseguirlo. Quello è il primo momento in cui capisco che qualcosa non funziona più, che forse si è rotto irreparabilmente. Ma ancora sono nella fase 2 della fine dell'amore e sono convinto che la crisi sia passeggera e recuperabile, come altre avvenute in passato. Invece non è così, provvedimento dopo provvedimento Salvini si mangia il m5s al governo e inverte i rapporti di forza, che si materializzano in un raddoppio dei consensi della Lega alle europee a fronte di un dimezzamento dei consensi del Movimento 5 Stelle. Si, le europee, una campagna elettorale in cui si è fatto tutto quel che di sbagliato si poteva fare. In preda alla paura (che rappresenta il peggior nemico di chi è nella posizione di dover decidere qualcosa), la dirigenza del movimento che nel frattempo si è trasformato in un partito iperverticistico, decide su suggerimento di qualche sondaggista di puntare su 5 capoliste donna (stessa operazione fatta da Renzi, con successo, 5 anni prima). Il sacrificato capolista nella circoscrizione più piccola, quindi quella con meno spazio, sono io. La considero una cosa ingiusta (ero il capolista stravotato dagli iscritti, rimosso di imperio per essere sostituito da una esterna sconosciuta) e una estrema mancanza di riconoscenza (nei miei 5 anni mi ero battuto senza sosta per il m5s e tutti i suoi esponenti sia in Europa che sul territorio, sacrificando tutto il tempo libero e ogni rapporto personale. Avevo pure lasciato da sola la mia compagna per tutta la gravidanza e il primo anno e mezzo di mia figlia) ma vado avanti senza batter ciglio e nonostante debba correre azzoppato da tutti i lati (oltre ad essere rimosso da legittimo capolista, cosa che come sanno tutti gli addetti ai lavori, vale migliaia di voti di preferenza in più, nella nostra lista di 8 persone c'è una candidata che si chiama Corrado, che giocoforza avendo il cognome quasi uguale al mio comporta la perdita di altre migliaia di preferenze, essendo i nomi scritti a mano e facilmente confondibili, quindi annullati e dati come voti di sola lista) faccio lo straordinario risultato di circa 116.000 voti di preferenza, secondo più votato in tutta Italia per pochissimi voti nonostante gli handicap con cui ho dovuto correre. Quasi 50.000 in più rispetto a 5 anni prima in cui ero stato il più votato d'Italia e quasi 30.000 in più della capolista nominata (non eletta e quindi paracadutata al governo, in pieno stile partitico italico).

Mi ci sono voluti mesi per smaltire le tossine di quella campagna elettorale. Nel 2014 era stata bellissima, entusiasmante. Facevo autostop (anche dopo essere stato eletto ;-)) e dormivo a casa di attivisti. Nel 2019 di movimento era rimasto poco, tra capoliste spinte dal partito centrale e candidati che investivano decine di migliaia di euro (provenienti da dove?) in campagne spinte come quelle che criticavamo ai partiti. Ce l'ho fatta ma è stata dura, avevo il dovere di ribadire le battaglie per cui avevamo acquisito consenso e l'ho fatto, con il dovere di proseguirle quelle battaglie lì. In quei mesi i rapporti con la Lega degenerano, la questione TAV, il tema immigrazione, la sensazione generale è che Salvini sia il capo assoluto di un governo a sua disposizione. Dopo la vittoria schiacciante alle europee questo atteggiamento si accentua e il potere negoziale del m5s sparisce. In estate, prima del famoso suicidio politico salviniano del Papeete, sembra che si stia per procedere ad un rimpasto in cui il m5s è ormai inerme e pronto a cedere su tutta la linea pur di restare al governo. In tutto ciò il m5s continua ad essere rappresentato dagli stessi protagonisti del disastro delle europee, che in qualsiasi partito del mondo civile si sarebbero dimessi convocando un congresso ma da noi, naturalmente, no.
Ricordo i giorni della fine del Conte I in maniera molto lucida, la Lega con prepotenza dettava condizioni su ogni cosa e il m5s incassava senza proferir parola. Ricordo discussioni con molti altri portavoce in cui mi si chiedeva di abbassare i toni su Salvini e la Lega perchè non si poteva rischiare la crisi e il voto (si usavano esattamente le stesse parole che si usano in questi mesi con il PD). Dopo essermi lamentato più volte, sia all'interno che pubblicamente, sulla lega e su come stesse degenerando il nostro rapporto con loro, sbottai definitivamente con questo post (https://www.facebook.com/Corraofb/posts/3017277418299399) in cui chiedevo di farla finita. Il m5s non fece comunque nulla, ma poi magicamente ci pensò Salvini, che fece tutto da solo. Inutile che vi dica che gli stessi che invocavano calma e rispetto nei confronti di Salvini (mentre attaccavano il PD) cominciarono a fare l'esatto contrario con una invidiabile nonchalance.
Quindi arriva il Conte II, rigorosamente negoziato dagli stessi che avevano invertito il rapporto di forza con il PD, con protagonista al tavolo tal Spadafora, politicante italiano che dopo aver fatto il giro delle 7 chiese (raccogliendo nomine dall'UDEUR alla margherita di Rutelli, passando per i Verdi e arrivando al PDL) trova l'anticamera del successo diventando assistente di Luigi Di Maio, luogo che gli vale la nomina prima in parlamento, poi come sottosegretario nel Conte I e quindi addirittura Ministro del m5s nel Conte II. In questa negoziazione ci si dimentica che il m5s aveva il 33% e il PD il 17%, si cede di tutto ma si salvano le poltrone di chi negozia, che ovviamente i dem fanno pagare care, ne parlai dettagliatamente in questo post (http://www.ignaziocorrao.it/ma-voi-siete-davvero-contenti-…/).

A questo punto, con il nuovo governo che giura, questa volta senza particolari programmi e ambizioni e con il consueto contorno di frasi fatte, la nostra storia si sposta a Bruxelles. Come sapete nei 5 anni precedenti (2014/2019) eravamo stati all'interno di un gruppo un po' strano (EFDD) insieme con gli inglesi di UKIP. Non si può continuare con loro, semmai si fosse voluto, perchè nella nuova legislatura sono in uscita per via della brexit. Quel gruppo ci aveva consentito di lavorare in modo pazzesco (gli inglesi non lavoravano, quindi tutto lo spazio era nostro), di farci conoscere e apprezzare da tutti e di mettere lo zampino su centinaia di regolamenti e direttive, lasciando una impronta del m5s sulla legislazione europea. Torniamo quindi a Bruxelles, a giugno 2019, dopo la disastrosa campagna elettorale, con 5 anni di intensissimo lavoro alle spalle e tutta la voglia di capitalizzare l'esperienza acquisita in modo più incisivo. Purtroppo, però, tutti i tentativi di formare un gruppo nostro vanno a vuoto. Quando inizia la nuova legislatura, siamo a luglio 2019, ci troviamo tristemente isolati nei "Non iscritti" ossia il gruppo misto del parlamento europeo. Così accade che, nelle more di un rapporto con la lega sempre più difficile, loro si tirano fuori all'ultimo (forse volevano rassicurazioni, non date, sul commissario europeo che erano convinti di nominare loro) dal sostegno al candidato Presidente della Commissione Europea del Partito Popolare Europea (partito che abbraccia la Merkel, Berlusconi e Orban, per capirci) Ursula Von der Leyen, mentre il m5s dichiara un sostegno che si rivelerà decisivo. Si consegna per il decisivo servizio una sorta di assegno in bianco all'establishment europeo, che si presume venga riempito prima che venga confermata la Commissione Europea stessa qualche mese dopo con il voto finale, quella sulla squadra intera della Von der Leyen.
A questo punto molti penseranno "bene, avete fatto politica e avete fatto pesare i vostri .voti". Il minimo che ti aspetti è che il Commissario Europeo lo nomini il m5s (questo dura 5 anni e sopravvive a qualsiasi eventuale cambio di governo e legislatura) e che venga risolta la questione gruppo, abilitando il m5s ai lavori in uno dei gruppi (il preferito è sempre quello dei verdi, perchè ambientalisti e sempre affini nei voti, ma loro del m5s non ne vogliono sapere in quanto lamentano la mancanza di democrazia interna). Invece non solo il Commissario Europeo in quota Italiana lo nomina il PD, il partito più sonoramente sconfitto alle elezioni, ma PD e FI si spartiscono tutte le cariche di sottogoverno nei gabinetti dei vari commissari e non lasciano neanche le briciole. Il m5s viene ricompensato per il sostegno con un "grazie" e qualche supercazzola e viene lasciato abbandonato nel gruppo misto totalmente tagliato fuori da ogni possibilità di lavorare e incidere. A novembre 2019 mi sfogai su questa assurda situazione e mi rifiutai di votare la conferma alla Commissione Von der Leyen (http://www.ignaziocorrao.it/no-alla-commissione-von-der-le…/), a distanza di più di un anno, e visto come è stato trattato il m5s, ritengo che quella fosse la scelta giusta. Sì, perchè la condizione di abbandono a distanza di un anno e mezzo (quindi con 1/3 di legislatura praticamente buttata nel cesso), non è affatto cambiata. Siamo ancora nel gruppo misto (questo ricordartelo agli analfabeti funzionali che attaccano chi critica dicendo corbellerie del tipo "volete andare nel misto") e dei voti decisivi tanto decantati da alcuni miei colleghi si sono scordati tutti. L'assegno in bianco è stato compilato e incassato dal PD.
Quello è il momento che segna la prima grande spaccatura, una differenza di visione su quel che è il nostro mandato ed il significato del voto espresso al m5s. Si tira avanti per qualche tempo, fino a quando a gennaio Di Maio si dimette da capo politico. Si dovrebbe votare un nuovo capo politico entro febbraio per regolamento, ma i 30 giorni passano senza che Crimi abbia neanche pensato a come farle queste elezioni (o congresso) e con marzo arriva anche la pandemia che sospende qualsiasi velleità democratica. Che non ci sia voglia di alcun confronto interno lo dimostra il fatto che anche quando si potrebbe procedere a un congresso (d'estate), si preferisce andare a mare o fare disastrose campagne elettorali piuttosto che dotare di una leadership legittima e di democrazia interna il partito di maggioranza relativa che governa il nostro Paese. In qualsiasi Paese democratico una cosa del genere sarebbe stata inaccettabile, da noi invece è stato normalissimo che per quasi un anno decisioni delicatissime siano state prese da un cerchio magico a titolo personale senza alcun confronto e legittimazione interna.

Il resto è storia recente, in un crescendo di tensioni e con una gestione sempre più opaca e autoreferenziale. Dalla questione nomine, tra cui la clamorosa vicenda descalzi-profumo, https://www.facebook.com/Corraofb/posts/3612596045434197, che fu secondo me la vera causa del primo procedimento disciplinare nei confronti miei e dei miei colleghi (oltre a mettere un riflettore su una cosa scandalosa che volevano far passare nel silenzio generale, in quel caso facemmo notare che chi parlava e negoziava a nome del m5s lo faceva a titolo personale e non aveva alcuna legittimazione a farlo, cosa talmente evidente che li mandò in bestia), passando per i continui ammiccamenti e favori ai grandi poteri di questo Stato che erano sempre stati tutelati dall'intero panorama politico italiano, tranne il m5s. La gestione delle nomine meriterebbe in realtà un capitolo a parte, visto che in quanto a trasparenza il nuovo m5s è stato campione di opacità. Nessuno sa quante persone sono state nominate, chi sono, che titoli hanno e quanto guadagnano. Nei ministeri, nelle partecipate, nelle agenzie, nei parlamento, La nostra battaglia per la trasparenza e meritocrazia è un ricordo lontano. Quando fai tutto di nascosto e non è possibile avere informazioni è normale che poi nascano legittimi dubbi e sospetti.
Una menzione la merita anche l'assurda gestione delle regionali, dove dopo una serie di contraddizione e l'esperimento di presentarsi con le accozzaglie dell'ultimo minuto che avevamo sempre combattuto, di fronte ad una debacle totale abbiamo ascoltato "i dirigenti" esultare perchè i cittadini avevano votato per mandare a casa un po' di parlamentari (probabilmente anche loro stessi). Anche il collegio dei probiviri che viene azionato a chiamata e che interpreta le regole per alcuni e le applica per altri merita una menzione, o ancora una comunicazione totalmente fuori da controllo democratico che "spinge" alcuni (per amicizia? per ricatto?), isola chi esprime pensieri critici e ignora i tanti portavoce capaci che giornalmente lavorano per trovare soluzioni ma restano sconosciuti e ignorati, o ancora un indirizzo di voto e dei messaggi politici sempre più allineati al centrismo italico, sempre più vicino al PD e a Forza Italia, o una gestione sempre più oligarchica e confusionaria, dove annunci, slogan e sondaggi hanno preso il posto di idee, partecipazione e coraggio. Un movimento di cittadini che si mettevano in gioco per cambiare in meglio le città in cui vivono, sono stati progressivamente rimpiazzati da professionisti della disinformazione e avanzi di sistema.
Attenzione, parliamo di un processo incontrovertibile ma ancora in corso (significa che ancora ci sono molti cittadini che in buona fede corrono sulla ruota del criceto) e non voglio lanciare alcuna accusa generalizzata, dentro ci sono ancora bravissime persone che agiscono mosse da nobilissimi ideali, sia vecchi che nuovi. Molti di loro li conosco e so che hanno bisogno di tempo per processare e metabolizzare quel che è successo e che sta succedendo. In compenso ci sono anche molti che si sono abituati alle comodità della politica, e agiscono mossi dal terrore di tornare alla loro vita precedente e tanti altri che osservano silenziosi in attesa di capire se possono prolungare la propria presenza nelle istituzioni. Il tema del secondo mandato più che un tabù sembra uno spauracchio e mi sembra abbastanza evidente che ci sia una condivisa volontà di superarlo (con delle deroghe) o aggirarlo (con le nomine). Sarebbe bizzarro se una regola creata per evitare il professionismo della politica fosse applicata solo per i ruoli elettivi (che sono peraltro i più controllabili e democratici) e consentisse invece di campare di politica, ad altissime cifre, per non si sa quanti altri anni attraverso le nomine in governo, sottogoverno, gabinetti e staff vari, partecipate, regioni, comuni.
A tutti questi eventi, per dovere di cronaca, aggiungiamo la triste recente consuetudine di venire aggrediti per aver difeso il nostro programma elettorale, come la posizione intransigente contro il MES che portò al primo procedimento disciplinare oppure il recente voto contro la PAC, in linea con il nostro programma e con tutte le associazioni ambientaliste, ma che ci è valso vari schizzi di fango da parte del movimento che si è schierato con PD e Forza Italia. Ma di giravolte politiche, di risonanza mediatica inferiore, ne abbiamo viste anche altre, sulle foreste, sulla tutela degli animali, sulle rinnovabili, sul gas e l'idrogeno da fonte fossile o ancora sulla TAV, sul TAP o sull'ILVA.

Parlando di queste ultime due non si può non fare menzione dell'assurda situazione pugliese (gli iscritti decidono di non allearsi con il PD, la gente ti vota come alternativa e subito dopo le elezioni entri in maggioranza?) e la ciliegina sulla torta degli "Stati generali", organizzati da una società (pagata quanto e come?) che si è occupata di risolvere conflitti per la società autostrade di Benetton (verso le quali gli annunci si sono sprecati ma le concessioni non sono ancora state tolte) e i territori, o di far digerire alle comunità locali progetti come il TAV o la gronda di Genova. Insomma una società con una perfetta expertise di far credere ai pochi rimasti (su 190.000 iscritti hanno partecipato 8.000, al grande evento di chiusura aspettato anni c'erano in media collegate 3-4.000 persone, il 2% degli iscritti, con nessun interesse da parte dei cittadini) di essere parte di un processo democratico che in realtà era indirizzato dal principio, in cui nessuno si è preso la responsabilità politica delle proprie azioni (ma che rivendica solo i successi, anche quando non ci sono) e nessuna discontinuità e cambio reale è stato prospettato. Anche chi li ha seguiti ha difficoltà a capire che razza di congresso sia stato, cosa si sia deciso. Infine si è anche deciso di censurare le voci critiche tagliandole dal momento finale dedicato ai 5 minuti di comizio a testa (caso eclatante quello di Piernicola Pedicini). Una volta che gli argini sono rotti non sai più cosa aspettarti, cosa dovrà essere ancora giustificato o sacrificato sull'altare del governo. Governo che deve sopravvivere sulla logica del "meno peggio" (e su questo posso anche essere d'accordo) con la continua minaccia verso i parlamentari che se non fanno quel che i "vertici" gli dicono di fare si torna a casa. Eppure si potrebbe anche reggere la maggioranza pretendendo che vengano rispettate le buone linee politiche del programma del m5s, che a differenza dell'altro partito che impone uomini, temi e agende, avrebbe anche vinto le elezioni nel 2018. Mettici pure che nel nuovo partito non è più un motivo di indignazione che un candidato (esterno e sconosciuto a noi del m5s) avrebbe preso, secondo la trasmissione report e vari altri giornali, cospicui finanziamenti da lobbisti in campagna elettorale, in barba a tutte le regole e principi del m5s. Oppure mettici che ormai è accettato che i massimi esponenti del m5s non si consultano più con la base degli attivisti e iscritti del m5s ma con i vari Gianni Letta e Massimo D'Alema, e lo fanno con la stessa naturalezza con cui lo farebbero gli esponenti di UDC, NCD e UDEUR.

Ultimi appunti, dopo aver aggirato una posizione politica di lotta al neoliberismo e allo strapotere delle multinazionali (in cui io ho sempre creduto molto), agevolando ad esempio quelle aziende che sono italiane solo quando c'è da riscuotere, ma diventano straniere quando c'è da contribuire (tipo la Fiat, che peraltro possiede un non indifferente impero mediatico in Italia), è arrivata anche la presa di posizione a favore dei ricconi sulla patrimoniale affermando che il m5s è contro a prescindere. Peccato che nel m5s non se ne sia mai discusso e per me ad esempio sarebbe giustissimo chiedere un piccolo contributo a chi ha patrimoni di milioni di euro. Al posto di far pagare tutti in modo lineare attraverso l'indebitamento.
Dulcis in fundo la giravolta sul MES, con annessa presa in giro. Dire lo avalliamo ma "non lo attiveremo" è una clamorosa offesa a chiunque possiede un cervello e anche una incredibile violazione del programma elettorale. Il nostro impegno con i cittadini era di fare il massimo per smantellare, liquidare il fondo salva stati e altri strumenti di austerity. Ma davvero pensano che la gente sia tutta stupida e possa credere al fatto che mentre dici una cosa (convintamente peraltro: "siamo tutti contro il MES") contemporaneamente fai l'esatto opposto? Per mesi, anni abbiamo alzato la pressione su tutti per superare questo strumento (la riforma che vogliono avallare è la stessa a cui c'eravamo opposti un anno fa peraltro). Abbiamo massacrato comunicativamente il centrodestra e Monti per aver negoziato, avallato e ratificato quello in vigore e adesso noi al governo ne avvalliamo un altro anche peggiore? E diciamo alle persone che tanto "non lo attiviamo"? Perchè quello che c'era prima è stato attivato? E allora perchè lo abbiamo criticato e abbiamo detto di volerlo smantellare? Peraltro dire non lo attiveremo è una presa in giro colossale perchè al governo non ci sarai sempre tu e una volta che lo strumento è in vigore qualcuno potrebbe trovarsi a doverlo attivare per forza (debito insostenibile, spread ecc ecc). A quel punto partirà la caccia al colpevole che ha avallato questo strumento e questo avrà il nome di tutto il m5s (anche se la decisione di avallare viene dal solito gruppetto di persone in modo autonomo, senza alcun mandato e in piena violazione di ogni principio, battaglia e programma).

Oggi, superate le varie fasi, le delusioni, la rabbia e dopo mesi e mesi di tentativi di cambiare dall'interno andati a vuoto, vedo con distacco crescente un movimento che ormai è parente lontano di quello per cui ho messo anima e cuore per 10 anni e che ha scaldato i cuori di milioni di cittadini.
Non credete alle tante fake news che i difensori del nuovo partito mettono in giro per screditare chi voleva difendere il programma elettorale. Non vi è in corso alcuna manovra per far cadere il governo e fare cadere il Paese nelle mani delle destre, non c'è da parte mia e dei miei colleghi alcuna simpatia verso le opposizioni. Non c'è alcuna regia o partecipazione di componenti romane (Di Battista ad esempio con le decisioni che prendiamo noi eurodeputati non c'entra assolutamente niente, checché ne dicano i giornali) nella nostra decisione. C'è invece grande voglia di rispettare gli impegni presi con i cittadini e perseguirli con mano ferma, senza cedere al "volemose bene" delle istituzioni italiane, per cui le elezioni sono una formalità e le cose vanno come devono andare comunque. Credo che rispettare i programmi elettorali e la diversità per cui si viene votati non sia solo una qualità, ma un precipuo dovere nei confronti dei cittadini. Se si è deciso di cambiare programmi dopo il voto, non c'è niente di illegale, ma non mi si può rimproverare perchè non ho intenzione di farlo. Se dovevamo fare le stesse cose che fanno quelli che c'erano prima potevamo dedicarci al nostro lavoro ed evitare di dedicare 10 anni di vita a creare alternative. Io ritengo di avere il dovere di portare avanti quelle istanze di tutela del territorio, dell'ambiente e di politiche commerciali ed economiche alternative a quelle perpetrate da anni dal partito unico, a favore dei grandi e contro i piccoli. Alcuni ritengono che se si esce da un partito dopo essere stati eletti (nel mio caso 2 volte con barche di voti di preferenza, che sono certamente legati alla lista ma hanno un valore, altrimenti uno stacco di decine di migliaia di voti tra un candidato e l'altro, ed io ho corso anche pesantemente penalizzato, non avrebbe ragione di esistere) ci si dovrebbe dimettere, anche io ero di questo avviso. Il problema è che in questo anno chi gestisce il m5s sta violando tutte le regole e tutti i programmi per cui siamo stati eletti, mentre alcuni di noi li stanno rispettando. Mi chiedo quindi se non si dovrebbe dimettere chi, dopo essere stato votato per portare avanti un programma alternativo, continua ad imporre azioni e voti riconducibili a PD e Forza Italia. Mi chiedo se non si dovrebbe dimettere chi contravviene al nostro statuto svendendo il nostro programma elettorale, chi prova a giustificare oggi in modo improbabile (avete sentito anche voi la supercazzola "avalliamo il nuovo MES ma siamo contrari e con noi al governo non sarà mai attivato"? E allora perchè abbiamo attaccato per mesi quelli che avevano avallato e ratificato gli altri strumenti di austerity? Neanche loro li hanno attivati finora) ciò che è inaccertabile.

Si dovrebbe dimettere che sta utilizzando da mesi la comunicazione del fu Movimento 5 stelle per confondere e disinformare i cittadini (negli ultimi mesi ci sono decine e decine di esempi di tentativi di giustificare l'ingiustificabile e di spostare l'attenzione altrove). A me sembra nettamente più grave imporre un cambio di politica in corso (peraltro senza alcun confronto democratico). Quindi se qualcuno dovrebbe dimettersi è proprio chi sta facendo questo, lasciando attraverso le continue giravolte senza rappresentanza milioni di cittadini che ci hanno votato per fare qualcosa di diverso rispetto a quello che hanno sempre fatto centrodestra e centrosinistra, cittadini che hanno votato un programma e sono rimasti orfani di rappresentanza.
Capisco anche l'imbarazzo del collegio dei probiviri nell'irrogare sanzioni, considerato che vengono azionati con chiamata dall'alto e sulla base del principio per cui le regole si interpretano per alcuni e applicano per altri (violazioni regolamentari ben più gravi non hanno portato neanche ad apertura di procedimento, è facilissimo verificarlo). So benissimo che sono in imbarazzo perchè espellerci per motivi politici (perchè di quello si tratta, non essendoci nient'altro) è cosa non piacevole per chi deve farla. Siccome nel procedimento precedente le nostre osservazioni, motivate in modo dettagliato, non furono prese in considerazione, questa volta gli togliamo l'imbarazzo e il problema e salutiamo prima della sicura sanzione che gli viene chiesta nei nostri confronti. I due procedimenti disciplinari nei nostri confronti sono medaglie al petto per aver tenuto la barra dritta nonostante le pressioni. Perchè un programma elettorale vale sicuramente di più di una maggioranza che si forma (dopo chiamate da Roma?) grazie ad alcune persone esterne al m5s che fanno parte della delegazione europea. Ho difeso il nostro programma elettorale e le nostre posizioni originarie (risoluzioni aiuti economici in cui c'era anche il MES e Politica Agricola Comune) e ne sono fiero, non ho mai avuto problemi per mancato rispetto di impegni presi con i cittadini, per mancate restituzioni o per atteggiamenti scorretti, parliamo solo ed esclusivamente di questioni politiche e di programma (ovviamente tutto lascia pensare che i procedimenti per quei voti siano in realtà per posizioni politiche espresse contro i vertici, tipo sulle nomine e sull'illegittimità di ogni decisione presa senza leadership elettiva). C'è anche un problema di agibilità politica, è passato un anno e mezzo dalle ultime elezioni europee e ancora non abbiamo avuto modo di lavorare nella nuova legislatura, essendo tagliati fuori nei "non iscritti".

Essere o non essere in un gruppo significa poter rappresentare o meno i cittadini che ci hanno votato, in questa legislatura non ci è stato consentito farlo. Mentre nei 5 anni della passata legislatura eravamo stati tra gli eurodeputati più produttivi di tutto il parlamento, mettendo mano su centinaia di regolamenti e direttive, in questa legislatura il m5s è spettatore dei lavori europei. Non è accettabile, è già stato buttato via quasi 1/3 di legislatura senza poter lavorare.
Sia inoltre chiaro che ad impuntarmi su questioni di principio io ho solo da perderci. Perchè di scemenze in giro ne ho sentito parecchie, peccato che lo capirebbe anche un bambino che se uno degli esponenti più visibili e conosciuti, come me, avesse abbassato la testa e l'ascia di guerra agevolando le giravolte, ne avrebbe guadagnato sia in visibilità, che in protezione, che in prospettiva di carriera futura, come molti miei pari grado stanno facendo. Anzi ad andare contro determinati interessi come abbiamo fatto alcuni di noi ci si espone a possibili ritorsioni. Non conviene, anche perchè spesso non viene affatto compreso.
Così come si deve essere dei perfetti imbecilli (o profili fake o analfabeti funzionali) per venirmi a dire che ci lamentiamo perchè vogliamo andare nel misto (visto che tutto il m5s in Europa è già nel misto da maggio 2019, isolati dai lavori parlamentari europei) oppure mettendo in mezzo l'infame tecnica di insinuare questioni di soldi (sono perfettamente in regola con tutti i miei colleghi, tutti e 14 esattamente nella stessa identica situazione con le restituzioni in Europa, sfido chiunque a dimostrare che abbiamo versato 1 solo euro in meno degli altri colleghi del m5s) o adducendo a interessi personali quando, come spiegavo sopra, uno nella posizione mia (invidiata da centinaia di lacchè) standomene buono con chi sta al vertice e chi ha potere (non solo nel m5s) avrei avuto la tavola apparecchiata per tanto tempo e la protezione del sistema.

Ma come avrete intuito preferisco le sfide e non alcun problema nel tornare a lavorare fuori dalla politica e dal denaro pubblico, come sempre fatto da tutti i miei familiari e da me stesso da quando avevo 16 anni. Sarei anche un avvocato tra le altre cose, iscrivermi all'albo e dedicarmi ai diritti delle persone da quel punto di vista è una opzione, così come tante altre sfide e idee nel mondo privato non mi spaventano affatto. Ma solo dopo aver fatto il massimo fino all'ultimo giorno di mandato e aver tentato tutte le strade possibili per la realizzazione di quei giusti programmi e quei cambiamenti per cui ho messo la faccia e battagliato finora. Ci ho provato con tutte le mie forze a cambiare le cose da dentro, lotto da più di un anno e in tutti i modi possibili, con la gentilezza, con la diplomazia, con i voti, con il dialogo, con i blocchi, con le dichiarazioni, con le telefonate, con qualsiasi mezzo che la politica e la diplomazia mettono a disposizione. Sono arrivato, con altri, alla conclusione che non c'è più modo di riprendere il percorso, capisco e rispetto chi ancora investe ed energie perchè crede sia possibile, ma credo che avrà solo bisogno di altro tempo per arrivare alla stessa conclusione.

L'aria dentro è irrespirabile da mesi e gli spazi di confronto interno del tutto azzerati (per questo sono aumentate le esternazioni pubbliche). Così i rapporti umani, anche quelli belli, rischiano di essere compromessi e non ne vale la pena. Io non rimpiango nulla, è stato tutto molto bello, abbiamo fatto insieme qualcosa di unico e irripetibile e sarò sempre orgoglioso di averne fatto parte, in prima linea. Che il movimento avesse un inizio e una fine era noto a tutti noi sin dal principio. Non sono nessuno per dire che è finito ma sono sicuramente in grado di dire che quelli che oggi si chiama m5s è un'altra cosa, qualcosa di più simile agli altri partiti e sicuramente qualcosa a cui, da cittadino, non mi sarei avvicinato (così come non mi avvicinai agli altri a suo tempo). Gianroberto Casaleggio diceva che i partiti, prima di scomparire, proveranno a somigliare al m5s. Purtroppo è successo l'esatto contrario grazie ad un fattore riconducibile alla natura umana che il visionario fondatore non aveva considerato.
Ho provato a spiegare le tappe di questa trasformazione e preferirei non tornare più sull'argomento. E' una cosa difficile, che fa male. E' la tua famiglia che non c'è più. Per anni abbiamo condiviso non solo un progetto, ma esperienze, emozioni, stanze e confidenze di ogni tipo. Mantengo rispetto per molti dei miei colleghi e amicizia per altri e non ho intenzione di togliere tempo al lavoro litigando con loro. Così come non ho intenzione di offendere la mia intelligenza e il mio percorso scendendo al livello di fango di alcune persone che non si sarebbero presi manco nel NCD e che una volta saltate sul carro, abusano di un simbolo e di un nome con cui non c'entrano nulla. Ma queste ultime hanno solo velocizzato e imbruttito, con grande tornaconto personale, un processo che sarebbe avvenuto comunque.

Forse sarebbe auspicabile un cambio di nome per salvaguardare il ricordo di qualcosa di molto bello, di storico, di unico, che rischia di essere rovinato anche nel ricordo, nell'immagine collettiva.
Ho scritto tanto e credo di aver spiegato più o meno tutto, citando fatti e con toni civili. Se permangono dubbi sarò lieto di chiarirli in privato e nei commenti. Qualsiasi commento, anche critico, è ben accetto solo se posto in termini civili e se inerente al post o qualche cosa che rimane poco chiara. Come ho già spiegato in post precedenti (http://www.ignaziocorrao.it/i-social-nuova-piazza-per-fals…/) in questa pagina non è concesso alcuno spazio per i profili falsi, haters, trolls o analfabeti funzionali che gli vanno dietro. Quelli che commentano dopo essersi informati da distributori di fake news ricevono l'avvertimento, se continuano li banno, non è il mio compito fare l'educatore dei social.

2020/11/27

Vaccinarsi conviene?




Tutto quello che non quadra nelle sperimentazioni nell'atto d'accusa della prestigiosa rivista britannica
Un atto d'accusa durissimo alla sperimentazione dei vaccini anti-Covid. Partito non da un blog di no-Vax, bensì dal British Medical Journal, una delle riviste che - assieme a Lancet - si contende la palma di vera e propria bibbia della scienza.

A firmalo è l'editore associato Peter Doshi, che si chiede quanta attendibilità possano avere i roboanti annunci fatti in serie da Pfizer, Moderna e Astrazeneca sull'efficacia dei propri ritrovati. Annunci che, a prima vista, sembrano davvero autorizzare all'ottimismo - con percentuali di efficacia dei vaccini oltre il 90% dei casi - ma che, se si analizza la questione più in profondità, lasciano perplessi i protagonisti della comunità scientifica.

Non c'è solo il caso Astrazeneca a preoccupare il British Medical Journal. Certo, la vicenda del dosaggio sbagliato potrebbe essere la spia di una sperimentazione non immune da altri errori, magari dettati dalla fretta di arrivare al risultato finale. Ma la prestigiosa rivista settimanale inglese getta un'ombra anche sui due prodotti americani. Accusati, in particolare, di aver adottato una politica di scarsissima trasparenza sui dati. Proferendo annunci che, oltre a creare una grande aspettativa in un mondo messo in ginocchio dall'epidemia da Coronavirus, mettono anche una grande pressione sulle autorità che poi dovranno validare definitivamente i vaccini prima della loro diffusione.

Ma quali sono i dati che mancano? Innanzitutto specifiche maggiori sul campione che si è sottoposto alla sperimentazione. Per dire, niente è trapelato sull'efficacia dei farmaci in alcune sottocategorie importanti, ad esempio gli anziani fragili. Inoltre, ancora non si sa delle prestazioni del vaccino a 3, 6 o 12 mesi. La percentuale di efficacia dei vaccini influenzali, invece, viene calcolata in base alla durata del periodo di copertura: una stagione. Nè, infine, si sa ancora se una persona vaccinata, oltre a non sviluppare i sintomi più gravi del Covid, è o meno in grado di contagiare gli altri.

Ma, al di là di queste problematiche che erano in parte già state evidenziate dalla comunità scientifica, Peter Doshi scende ancora più nel dettaglio. Innanzitutto, gli effetti collaterali. "Il comunicato stampa di Moderna - scrive Doshi - afferma che il 9% (del campione, ndr) ha sperimentato mialgia di grado 3 e il 10% affaticamento di grado 3; La dichiarazione di Pfizer ha riportato che il 3,8% ha sperimentato stanchezza di grado 3 e il 2% mal di testa di grado 3".

Poca roba? Non proprio. "Gli eventi avversi di grado 3 sono considerati gravi" spiega l'editore associato del British Medical Journal. Ma, riguardo gli effetti collaterali, c'è un problema molto più latente. In molti casi, infatti, essi assomigliano ad alcuni dei sintomi del Covid (lieve febbre, stanchezza, dolori muscolari). Per essere sicuri che le persone del campione che avessero mostrato questi sintomi non fossero in realtà positive al Covid, sarebbe stato necessario sottoporle tutte ai test. Ma davvero tutte le persone con un sospetto Covid sono state sottoposte a un tampone di conferma? Questa è un'altra informazione cruciale senza la quale è impossibile stimare la reale percentuale dell'efficacia del vaccino. Se alcune delle persone con presunti effetti collaterali del vaccino avesse in realtà i sintomi del Covid, quel famoso 90% di efficacia si abbasserebbe sensibilmente. "I protocolli di prova per gli studi di Moderna e Pfizer - scrive Doshi - contengono un linguaggio esplicito che istruisce gli investigatori a usare il loro giudizio clinico per decidere se indirizzare le persone per i test". Un'implicita ammissione che i tamponi non vengono fatti a tutti i protagonisti della sperimentazione, ma solo alle persone per le quali i medici lo ritengono necessario.

"Solo la piena trasparenza e il controllo rigoroso dei dati consentiranno un processo decisionale informato. I dati devono essere resi pubblici" conclude Doshi, gettando un'ombra non indifferente sull'intera vicenda. E non finisce qui, perché sullo stesso numero della rivista compare un appello firmato da quattro scienziati di tutto il mondo (lo spagnolo Jose M Martin-Moreno, il britannico John Middleton, l'israeliano Manfred S Green e Mohamud Sheek-Hussein degli Emirati Arabi) che chiedono alle multinazionali del vaccino di mettere in condivisione tutti, ma proprio tutti i dati relativi alla propria sperimentazione. Lasciando che a dare il giudizio finale sia l'Organizzazione Mondiale della Sanità. L'unica, per prestigio e indipendenza, a poter mettere il timbro di validità su una vicenda dai contorni ancora troppo poco chiari.

2020/11/25

Addio Pide de Oro!


Diego Maradona è morto oggi 25/11 a causa di un arresto cardiocircolatorio nella sua casa di Tigre, in Argentina, dove stava trascorrendo la convalescenza dopo l'intervento chirurgico alla testa di qualche settimana fa. Preferisco ricordarlo così, giovane e vittorioso. Addio campione, riposa in pace.


Quante vite dentro una vita che non c’era già più. Quante volte si è perso Diego, quante volte l’avevamo perduto, anche di vista. Maradona ricoverato, Maradona ingrassato, Maradona operato, Maradona tossico, Maradona dopato, Maradona alcolizzato, Maradona disintossicato. E poi, ancora, Maradona con il bypass gastrico per salvarlo dalla bulimia (2005) una prima e una seconda volta (2015). Maradona e la cocaina, Maradona e l’efedrina, Maradona che sforna figli come gol: le due bambine (Dalma Nerea e Gianinna Dinorah) con la prima e storica moglie Claudia Villafane, poi Diego junior con Cristiana Sinagra, la ragazza napoletana che dovette combattere per anni in attesa che il campione riconoscesse quel figliolo identico a lui, non serviva il test del Dna per dimostrarlo, bastavano un paio d’occhi e una figurina. E poi, ancora, una bambina di nome Jana, avuta da una nuova fidanzata, tale Valeria Sabalaìn, e per chiudere un altro Diego, questa volta un Diego Fernando, figlio (ultimo) di Maradona e Veronica Ojeda. Amori, forse. Ma chi può dire cosa ciascuno porta nel cuore?

La prima vita di Diego resta immortale, e si può dire conclusa nel 1994 quando ai mondiali americani venne trovato positivo all’antidoping. Quel giorno, dopo il famoso urlo nella telecamera che era un ruggito, un barrito, il verso dell’animale tornato re di ogni foresta e di ogni savana, Diego Armando Maradona cominciò la sua morte prolungata come la “rottura” dei cavalli da corsa. Quando si comincia, non si finisce più. Anche di morire, a volte, non si finisce più. Ma se sei stato Maradona, cosa potrai mai essere dopo? Cosa potrai chiedere di più?

Del giocatore, immenso e unico, praticamente una divinità, quasi non vale la pena parlare. Sarebbe ovvio, superfluo. Sarebbe come voler dire chi era Odisseo, chi era Dante Alighieri, chi era Gesù Cristo nostro Signore, chi era Einstein, chi era Renzo Tramaglino. Trasfigurato dalla sua stessa gloria, probabilmente e semplicemente il più grande calciatore di tutti i tempi, Maradona è stato Uno e Due. Uno: il migliore e basta. Due: il perduto, lo smarrito. E questa sua seconda fase, lunghissima e dolente, è forse il miglior modo - sebbene tristissimo - per accompagnare il ricordo di Diego fino a questo epilogo tragico, un colpo di testa ma contro il pavimento e non contro un pallone, l’ematoma, il peggioramento repentino, il ricovero (l’ennesimo), le mani di un chirurgo purtroppo invano, la morte che ci annichilisce tutti.

Ma alzi la mano chi da anni non si aspettava che Maradona facesse una brutta fine, coerente con la sua caduta nel pozzo. Uno scivolamento lento e costante, progressivo e senza tonfi ma ogni volta sempre più giù, sempre più in fondo dove nulla può rischiare il buio, neppure il più bello dei gol, meno che mai la mano de Dios.

La seconda vita (ma era poi vita?) di Diego lo ha visto diverse volte in panchina, tentando una carriera da allenatore piuttosto improbabile: la carriera, e anche l’allenatore. E dire che a un certo punto gli consegnarono addirittura la Nazionale dell’Argentina, a furor di popolo, e Maradona la portò comunque ai quarti di finale di un mondiale, quello in Sudafrica nel 2010, quando l’Albiceleste venne eliminata dalla Germania (e poi, Diego esonerato). Eppure, la ricerca del peggio e del limite, della periferia sportiva e della marginalità agonistica, Maradona l’ha compiuta con animo girovago, cominciando ad allenare persino durante la prima squalifica per doping: eccolo infatti nel 1994 sulla panchina del Textil Mandiyù, squadra argentina ai più sconosciuta.

Una caratteristica, questo semi-anonimato dei club affidati a Dieguito, che proseguirà nel tempo in una serie bislacca che comprende l’Al-Wasli (Dubai), il Fujarah (Emirati Arabi), i Dorados (Messico), fino al ritorno in Argentina ma non certo al River Plate, o meno che mai al suo adorato Boca, semmai alla guida del Gimnasia La Plata. Come intermezzo non meno bizzarro, la presidenza onoraria di un club bielorusso, la Dinamo Brest, frammento di meteora nel firmamento del pallone.

Nulla, di questa sua seconda vita coerente col disastro e lo sperpero di sé, ha avvicinato la meraviglia e l’estasi della sua prima vita. Molti sono stati gli incontri clamorosi, da Fidel Castro a Chavez passando per Menem, ma è sembrato un folclore emotivo, la disperata ricerca di essere ancora qualcosa di unico, di clamoroso. Diego lo ha fatto a cicli, sparendo e riapparendo altrove, una volta più magro e un’altra volta più grasso, una volta biondo ossigenato e un’altra volta totalmente tatuato. Sempre danzando sul confine tra una vita perduta e una morte scontata vivendo, come avrebbe detto il poeta. Però, ragazzi, il poeta era lui.

Fonte: La Repubblica

2020/11/21

Christmas Holidays!



Nel mondo sottosopra plasmato dalla pandemia, con i parametri della normalità saltati o riscritti, anche le agognate vacanze di Natale rischiano di diventare una iattura per gli studenti ansiosi di tornare in classe. Quello che fino all'anno scorso era un traguardo atteso per tirare il fiato dopo i primi mesi di lezioni e interrogazioni, ora verrà sfruttato per prolungare di un paio di settimane la quarantena forzata degli studenti delle scuole superiori (e di seconda e terza media per le regioni rosse).
 
Come scrive Corrado Zunino, anche la ministra Azzolina sembra essersi arresa alla prudenza e non insisterà per un rientro prematuro: la data del 7 gennaio - sempre che la curva dei contagi torni davvero sotto controllo - è ormai la più probabile per sancire la riapertura di licei e istituti. Questo significa un altro lungo periodo di lezioni virtuali, con buona pace dei ragazzi No Dad e della loro voglia di tornare a scuola: un tempo che dovrà servire a risolvere i problemi strutturali evidenziati dall'inizio della seconda ondata, cioè i trasporti pubblici, il tracciamento e le assenze in cattedra.
 
Sull'altro piatto della bilancia ci sono i disagi di una generazione di alunni che porta addosso i segni di questo anno pandemico, con danni psicologici e cognitivi che non possono essere ignorati. Fa riflettere, sul tema, il commento di Chiara Saraceno, che accusa il nostro modello (di governo, di società, di economia) di aver tenuto in considerazione le esigenze e i diritti di tutti tranne che quelli dei giovani e degli studenti, dimenticandosi che il progetto "recovery fund" si chiama in realtà "Next generation". È vero, per loro fortuna gli adolescenti sono meno soggetti ai sintomi gravi del virus e anche quando si contagiano, se la cavano con pochi danni. Ma non per questo si possono continuare a ignorare i danni interiori che la pandemia sta provocando. Vacanze di Natale comprese.