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2017/10/19

Ma sì, che ci restiamo a fare in Italia?


Centoventimila italiani emigrati solo nel 2016, +16% le iscrizioni di minorenni agli elenchi dei residenti all’estero. Giovani, vecchi, famiglie. Anche Asia Argento. Tutti abbandonano l’Italia. Una volta si partiva per desiderio d’avventura, ora lo si fa per cercare tranquillità, regole, disciplina

Ma sì, che ci restiamo a fare in Italia? A quanto pare se ne vogliono andare tutti. La Lombardia e il Veneto, ma anche l'Emilia le Marche e “tutte le altre Regioni” dove FI promette referendum per l'autonomia. Se ne vanno i giovani nella misura di cinquantamila l'anno, se ne vanno i cinquantenni, se ne vanno le famiglie con bambini piccoli: Migrantes ci avvisa che le iscrizioni di minorenni agli elenchi dei residenti all'estero sono cresciute del 16 per cento. Se ne va Asia Argento - «Tornerò quando le cose miglioreranno» – inorridita dagli attacchi sessisti che ha ricevuto, ma pure uno come Fabrizio Del Noce guarda Domenica In dal Portogallo, dove – ci informa – si è trasferito a fare il pensionato, salvo farsi venire gli attacchi di bile per l'esordio delle sorelle Parodi sulla sua vecchia Rete.

L'Italia è il Paese che amavamo, ma non lo amiamo più. E se una volta si partiva mercenari per desiderio d'avventura, ora lo si fa per l'esatto contrario: voglia di tranquillità, regole, disciplina. In testa all'elenco delle destinazioni c'è il Regno Unito di Sua Maestà e al secondo posto l'ordinata e noiosissima Germania. I Paesi dove chi sgarra è perduto hanno sostituito nell'immaginario collettivo le anarchiche e suggestive mete dell'immigrazione anni '50: il Sudamerica, l'Africa, la sconosciuta Australia. Non partiamo più per cambiare vita ma per tenerci quella che abbiamo col minor numero di scocciature possibili. Studiare in posti dove le sessioni non saltano ogni due per tre. Vivere in case che non costino il doppio del salario. Lavorare con paghe certe, tasse certe, orari certi, e persino con contratti nero su bianco (all'estero li fanno).


Sembra che restare sia il destino degli sfigati, dei rassegnati, degli scemi. 


Lo scrittore Alessandro D'Avenia dice che è colpa della “narrazione del Paese”, che non genera cose capaci di «nutrire i sogni». Fa l'esempio di un bambino nella sua stanza al buio, il quale «teme che sotto il letto ci siano le sue peggiori paure» e per questo chiama i genitori. «Il più delle volte basta accendere una lampadina», dice. Ma qui, con la lampadina accesa, spesso lo spettacolo peggiora. Sembra che restare sia il destino degli sfigati, dei rassegnati, degli scemi. Su Fb è un groviglio di madri che annunciano trasferimenti e si informano sulla vita a Londra, Francoforte, Madrid, Dublino, oltreché nei più svariati Stati americani. Un po' piangono, un po' sono orgogliose: «Ma sì, che si restava a fare?».

L'Ocse, che è un'organizzazione molto pratica, mette davanti a tutto il problema soldi: in Italia ce ne sono solo per i vecchi. Il Papa ci ammonisce sulle diseguaglianze. I sociologi più a là page rovesciano la cosa, dicono che è normale effetto della globalizzazione. Sarà. A noi sembra che la fuga dal Paese abbia caratteristiche al tempo stesso più profonde e più superficiali. Ci si è stufati. Si è espresso questo sentimento in ogni modo, per vent'anni, protestando in ogni maniera consentita, votando ogni faccia che promettesse cambiamento, resistendo, arrangiandosi, cercando scorciatoie, e adesso non si vuole restare nel mazzo di quelli che continuano ad aspettare un impossibile Sol dell'Avvenire.

Centoventimila italiani scappati solo nel 2016 sono Latina che si cancella, Monza che sparisce, Siracusa o Trento che all'improviso si svuotano. Esci di casa e non c'è più nessuno. Quelli famosi, come Asia e Fabrizio, con le loro ragioni da prima pagina, ma pure tutti gli altri, con i loro motivi misteriosi, i nuovi migranti della Settima od Ottava Economia del Mondo che all'improvviso si sono detti: ma sì, che ci restiamo a fare?

2017/10/15

R.I.P. Alvaro



Un’altra bruttissma notizia per la nostra comunità umana e politica: Alvaro Bocchini, storico segretario della sezione del Movimento Sociale Italiano di Colle Oppio, “Istria e Dalmazia”, se ne è andato prematuramente. Era nato nel 1949 e le esequie dsi sono tenute ieri nella parrocchia di San Giovanni Leonardi al Casilino. Inoltre, dal 1976 al 1981 ha lavorato presso il quotidiano Secolo d’Italia, e era amato e benvoluto da tutti. Sposato con Nicoletta Grossi, anche lei storica esponente missina, ha avuto tre figli. Alvaro lavorava al comune di Roma, nella sede di via Prenestina. Alvaro fu segretario della Colle Oppio, proprio negli anni di piombo, quando l’estrema sinistra riteneva che uccidere un fascista non fosse reato: innumerevoli furono gli assalti, le bombe, gli incendi perpetrati dagli intolleranti della sinsitra contro la sede. Ma essa è ancora lì, anche oggi, grazie all’impegno e al coraggio di ragazzi come Alvaro. 

Voglio pubblicare la bellissima lettera che i figli hanno scritto per Alvaro e letto in chiesa:

Dì qualcosa, sto rinunciando a te. Sarò l’unico per te se tu mi vorrai. Ti avrei seguito ovunque. Dì qualcosa, sto rinunciando a te. Inciamperò e cadrò e sto ancora imparando ad amare.

Cosi recita una bellissima canzone che mille volte mi ero promesso di imparare per poterla cantare nel momento di dirti addio. E allora eccoci qui, in quel momento, solo che io non sono pronto e non ho imparato la canzone, perché in fondo in questo momento non mi ci sarei mai voluto trovare. 

Eppure sapendo che prima o poi sarebbe arrivato, ho pensato centinaia di volte a cosa avrei detto nel momento in cui ti avrei dovuto dire addio per provare a condividere il mio dolore con gli altri, ho pensato diverse volte a quale sarebbe stato il comportamento da dover tenere per far finta di essere forte e sorreggere gli altri nascondendo il dolore interno, ho pensato molte volte a come e quando suonarti e cantarti questa canzone, ho pensato mille volte a come sarei dovuto arrivare pronto ad affrontare il tuo addio. Ma la realtà è che io ora in questo momento non sono pronto. 

Ora che sono qui, davanti a te, la verità è che il dolore è così strettamente proporzionale all’amore che ho per te, che non c’è lettera che possa solo anche minimante provare a spiegare quanto quell’amore sia immenso e di conseguenza il dolore cosi devastante,che non c’è recita che tenga per nasconderlo, non c’è canzone che spieghi il perché, non c’è previsione che ti possa preparare ad affrontare tutto questo. La realtà è che io ora in questo momento non sono pronto, e mi sento cosi vuoto, cosi debole e cosi perso. 

Perché tu per me sei sempre stato il faro, il sostegno, la guida, ciò che mi dava la forza di sembrare forte agli occhi di tutti, mi hai insegnato ad amare ma anche ad odiare all’occorrenza, mi hai forgiato come si fa con le spade insegnandomi a rimanere nel fodero per gran parte del tempo e sguainarmi solo quando veramente necessario solo per nobili motivi e solo per difendermi. Mi hai insegnato che un uomo può piangere, amare, soffrire ed essere un vero uomo proprio per questo. Mi hai insegnato che il sacrificio è tutto, e tu hai sacrificato tutto per noi. 

Mi hai insegnato che solo gli stupidi non cambiano idea, per questo non scorderò mai che quando tutto il mondo mi dava addosso per il tatuaggio sul braccio in quanto politicamente sconveniente e tutti si ergevano a paladini dei buoni consigli su cosa fosse giusto e sbagliato, io tutto fiero correvo da te convinto che almeno tu lo avresti apprezzato essendo in fondo quel simbolo parte di te e invece mentre mangiavi uno yogurt mi dicesti: sei un idiota perché se fra 20 anni cambi idea? Eccola la tua grandezza. 

Non hai avuto una vita facile e fino all’ultimo giorno hanno provato a buttarti giù, ma tu hai sempre reagito a volte con più vigore a volte con più stanchezza, ed è per questo che non hai mai perso tempo a insegnarmi come si fa a non cadere ma ti sei concentrato sull’insegnarmi a come ci si rialza e i frutti di tutto questo avrai modo di ammirarli da qualunque posto tu sia ora, sulle tue piccole nipoti che spero possano riprendere da te anche solo una delle tue innumerevoli qualità. Amavi scrivere libri e lettere, e in una delle ultime scrivesti “spero che la vostra vita sia migliore della mia”, e forse sarà cosi ma sicuramente ora sarà più difficile. 

Negli ultimi tempi inoltre mentre un po’ ti indurivi, mentre un po’ cedevi allo sconforto, mentre sembrava che a volte non avessi più voglia di combattere, mi hai insegnato a sorreggerti quando tu ne avevi bisogno, anche se mi sento di non averti sorretto abbastanza, anche se ultimamente eravamo tutti un po’ arrabbiati con te, anche quando eri testardo, anche quando non ci vedevamo per giorni o settimane perché io avevo sempre da fare e ora vorrei tornare a quei giorni e sedermi li vicino a te anche solo in silenzio, anche quando sentivo di non avere abbastanza forza per sorreggerti cosi a lungo, tu eri li e inconsapevole mi insegnavi tutto questo, anche ad ammettere di non farcela anche ad essere tenero per questo ogni volta che ci sentivamo al telefono mi salutavi dicendomi un bacio a te e un bacio immenso alle tue donne, che amavi da impazzire. 

Ed è vero che non sono pronto, ma forse alla fine mentre tento di continuare a scrivere su una tastiera piuttosto bagnata, tu oggi mi hai insegnato ciò che mi serviva in questo momento, perché proprio mentre ripensavo a te per scrivere queste parole mentre tutti mi raccontavano di quanto fossi fantastico, mi sono reso conto che alla fine oggi tu mi hai insegnato anche ad essere finalmente pronto, perché proprio come dice questa canzone:

Ingoierò il mio orgoglio, tu sei l’unico che amo, e ti sto dicendo addio

2017/10/12

UNESCO il fallimento di un'idea





Gli Stati Uniti hanno notificato all’Unesco (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization), la loro uscita dall’organizzazione a partire dal 31 dicembre prossimo. Lo ha riferito il direttore generale dell’agenzia culturale dell’Onu, la bulgara socialista Irina Bokova. 

Gli Usa accusano l’Unesco di essere “anti Israele”, perché nel 2011 accettarono l’ingresso della Palestina nell’organizzazione, nonostante la contrarietà di molti Paesi. In quell’occasione, ovviamente, l’Italia scelse di non schierarsi e si astenne. Contestualmente Washington ha ritirato il sostegno di 60 milioni di dollari all’Unesco, creando non pochi problemi all’Onu. Gli States sono infatti il più grande finanziatore dell’Unesco, con una quota pari al 22 per cento dei finanziamenti totali. 

L’Unesco, per chi non lo sapesse. è uno dei tanti carrozzoni delle agenzie dell’Onu, istituito nel 1945, all’indomani della fine della guerra, conosciuto qui in Italia solo per la faccenda dei “siti patrimonio dell’Unesco”. In realtà il bubbone sarebbe dovuto esplodere, prima o poi. Sono anni che le Nazioni Unite, anziché svolgere il loro compito istituzionale, si dedicano alla politica, favorendo ora questo ora quell’attore internazionale secondo gli specifici interessi del Palazzo di Vetro, che raramente coincidono con quelli della popolazione mondiale. 

Troppo spesso l’Onu si è apertamente schierata con una delle parti in lotta, rinunciando al suo nobile ruolo di super partes e compisizione dei contrasti. Individuando di volta in volta, arbitrariamente, il “cattivo” di turno, l’Onu ha schierato i suoi caschi blu e il suo peso diplomatico per proteggere gli interessi di ben determinate nazioni. 

Qualche esempio? 

Congo (dove i caschi blu furono diretti responsabili della strage dei nostri soldati a Kindu), Biafra, Vietnam, Iraq e, più recentemente, guerra dei Balcani, dove i caschi blu si sono smaccatamente schierati con i musulmani di Bosnia e del Kosovo con l’obiettivo – raggiunto – di destabilizzare l’Europa creando nel proprio cuore due Stati islamici, con le conseguenze che vediano oggi. Ma oltre a schierarsi, le Nazioni Unite evitano di proteggere le popolazioni in guerra: nei Balcani, in Libano, e oggi in Siria, dove si tengono bene alla larga dalle zone particolarmente calde. 

Quindi, non è questione di Unesco, o Fao o altro, mastodonti che sprecano soldi per la loro manutenzione piuttosto che per gli scopi sociali: sono le Nazioni Unite a essere ormai un’organizzazione tutta da ripensare e da riformare. Il socialista Guterres, attuale segretario generale, ha già dato prova di essere di parte, e bene fa Donald Trump a denunciare le storture di un Palazzo di Vetro obsoleto nato all’ombra di una tremenda guerra che certo non ha favorito la serenità delle scelte sovranazionali. 

E questo peccato originale accompagna ancora oggi le dissennate strategie dell’Onu.

2017/09/26

Faccio il docente per fare tre mesi di vacanza

Lo ammetto: faccio il docente per fare tre mesi di vacanza… Stupenda lettera di un insegnante al Ministro Poletti ed a Matteo Renzi – leggetela tutta, ne vale la pena !!

Egregio Ministro Poletti,
ebbene sì lo devo e lo voglio ammettere. Mi sono laureato, ho preso due abilitazioni a numero chiuso, ho fatto un concorso nazionale e sono precario da 13 anni (assunto il primo di settembre e licenziato il 30 giugno) non tanto perché volevo far l’insegnante, ma per godermi tre mesi di vacanze estive, oltre ovviamente a quelle natalizie, pasquali, di carnevale e ai ponti dei santi, dell’immacolata, del 25 aprile, del primo maggio e del 2 giugno. Peccato non si stia a casa anche il giorno della festa della mamma, del papà, della donna e magari dei nonni.

Egregio ministro Poletti,
ebbene sì lo devo e lo voglio ammettere, la volgarità e la disonestà intellettuale che caratterizza lei e tutto il governo Renzi è squallida e imbarazzante, sintomo di un paese sempre più allo sbando, retto da personaggi di piccolo cabotaggio, corrotti, prepotenti e mediocri.

Probabilmente signor Ministro lei è troppo impegnato in cene e feste con importanti esponenti di Mafia Capitale per conoscere la professione dei docenti e la realtà in cui vivono gli studenti italiani; altrimenti saprebbe che il numero di giorni di scuola in Italia è pari a quello dei principali stati europei (Germania, Francia, Spagna. ..).
Le vacanze sono solo distribuite in modo diverso.
Se conoscesse le condizioni in cui versano gli edifici scolastici italiani e l’ubicazione geografica del Paese che governa, saprebbe, inoltre, che andare a scuola a luglio e agosto nella maggior parte delle città (Napoli, Bari, Palermo, Roma, Sassari, Milano) sarebbe impossibile.

Infine, signor Ministro, le ricordo che ormai anche il mio macellaio di fiducia (purtroppo sono carnivoro) non pensa che un insegnante faccia tre mesi di vacanza. Tra esami di stato, esami di riparazione, riunioni e programmazione le ferie dei docenti (trenta giorni più le domeniche) si concentrano per lo più da metà luglio al 31 agosto.

Comunque Egregio Ministro e Esimio Premier, fate bene ad umiliare costantemente noi insegnanti. Ce lo meritiamo. Negli ultimi decenni abbiamo accettato tutto supinamente: blocco salariale, classi pollaio, precarietà, aumento dell’orario di lavoro, edifici insicuri, cattedre spezzatino e concorsi truffa.

Ed ora, sprezzanti ma con il sorriso sulle labbra, state realizzando la privatizzazione della scuola e la sua trasformazione in un’azienda senza che il corpo docente italiano dia un sussulto di vitalità. Tra chi aspetta la pensione e chi pensa che un salario fisso anche se basso è meglio che niente, tra chi è stanco di lottare e chi si considera intellettuale, tra chi “tanto mio marito è un dirigente o libero professionista” e chi è solo e disperato, tra chi “o si blocca il paese per settimane o uno sciopero non serve a nulla” e chi ” ora servirebbe la rivoluzione”, gli insegnanti stanno assistendo inerti e rassegnati alla lenta morte della scuola pubblica, democratica e costituzionale.
Il nostro silenzio è complice. E non basta più (se mai è servito a qualcosa) sfogarsi solo sui social network.

Per chi non si vuole arrendere non vi è altra strada che la lotta, per la nostra dignità e per il futuro dei nostri figli e dei nostri studenti.
Una terza via non ci è data.

Matteo Saudino, docente di storia e filosofia a Torino.
Libero pensatore e cittadino del mondo.
(da https://www.facebook.com/pages/Matteo-Saudino/1400008323610329?fref=nf)

2017/08/15

Carta di credito: le dieci regole per non avere brutte sorprese



Vacanze all’insegna del divertimento e del relax, ma occhio alla carta di credito se non vogliamo trovare al rientro dalle ferie brutte sorprese sul nostro conto corrente. Per gli oltre 15 milioni di italiani che, per evitare di viaggiare con grosse somme in contanti quando sono in vacanza all’estero, scelgono di pagare con carte di credito o bancomat, Facile.it, il principale comparatore italiano di prodotti finanziari, ha creato un breve vademecum con 10 regole d’oro da seguire per non incappare in truffe, raggiri e sbadataggini. 

Carta il credito, ecco il decalogo

1) Consultare la banca prima di partire. Non tutte le carte attive nel vostro paese possono essere usate all’estero e, inoltre, alcune possono essere abilitate, ma con limitazioni; per questo motivo, anche se può sembrare ovvio, prima di partire meglio verificare con l’istituto che ha emesso la nostra carta se il Paese in cui stiamo per fare le vacanze ne ammette o meno l’uso: poche cose potrebbero crearci problemi quanto quella di essere oltre confine e senza denaro.

2) Carte di credito o debito, quale scegliere? Purché abilitate al funzionamento in altri Stati, con entrambi è possibile pagare e prelevare contante, ma per il prelievo le commissioni applicate variano notevolmente; per la carta di credito si aggirano in media intorno al 4%, per quella di debito sono pari a circa il 2%. Il secondo, però, ha spesso un limite di utilizzo giornaliero o mensile che all’estero potrebbe variare rispetto a quello applicato nel vostro paese. Verifichiamo, quindi di non sforare.

3) Per il pagamento poche differenze. Per quanto riguarda i pagamenti effettuati direttamente presso l’esercizio commerciale non ci sono grosse differenze tra le due soluzioni; se l’operazione avviene in uno dei Paesi Sepa generalmente non sono previste commissioni, mentre è possibile vedere applicati costi aggiuntivi legati al cambio in caso di uso in aree con valuta diversa dall’euro.

4) Furto, clonazione o smarrimento, cosa fare? Conviene chiamare immediatamente la banca per bloccare la carta smarrita; non appena informato, l’istituto provvederà all’immediata disattivazione. Importante da sapere è che se la carta rubata viene utilizzata prima della denuncia del furto per legge possono essere addebitati fino a un massimo di 150 euro. Il denaro eventualmente sottratto dopo la segnalazione, invece, verrà rimborsato interamente.

5) Conviene cambiare i contanti all’aeroporto? No. Generalmente utilizzare all’estero la carta per acquisti in valuta locale consente di ottenere un tasso di cambio più vantaggioso rispetto a quelli offerti dagli uffici di cambio presenti all’aeroporto. Cerchiamo quindi di cambiare la minore quantità di valuta possibile, magari nella nostra nazione prima di fare le valigie, e usare quel denaro solo dove non è accettata la carta.

6) Scegliere la valuta locale. In caso di pagamento o prelievo in area extra-euro, se viene richiesto, è consigliato scegliere di pagare in valuta locale anziché nella propria moneta; questo consente di evitare commissioni nascoste legate al cambio e ottenere, così, tariffe più convenienti.

7) Con l’app, tutto sotto controllo. Scegliere una banca dotata di app per mobile consente di monitorare tutti i pagamenti in tempo reale, così da tenere sott’occhio i movimenti e relative spese.

8) Un sms può salvare la situazione. Se non ci si trova a proprio agio con le app, o non si vuole aspettare di arrivare a portata di wi-fi per sapere cosa accade al conto corrente, ci si può sempre affidare alle vecchie tecnologie. Molti istituti consentono di attivare un servizio di alert che, in caso di utilizzo della carta, tramite sms avvisa subito il cliente; una soluzione estremamente pratica per avere il pieno controllo della situazione.

9) La vacanza finisce, ma i rischi continuano. Anche una volta tornati a casa e dopo che tutto è andato liscio, meglio continuare a monitorare i conti con attenzione; i malintenzionati sanno bene che pochi osservano i conti dopo il rientro e, per questo, capita agiscano anche a mesi di distanza dal furto dei dati; gli addebiti non autorizzati o le anomalie quindi potrebbero apparire dopo diverso tempo. Nel caso, informare subito la banca e il problema sarà risolto.

10) Quale carta dare ai figli che viaggiano da soli? I ragazzi, soprattutto se al loro primo viaggio all’estero con gli amici, difficilmente pongono la giusta attenzione alle regole di sicurezza delle carte di credito; come fare a limitare i danni di un figlio troppo sbadato? La soluzione migliore è una carta prepagata.

Si tratta di uno strumento di pagamento sempre più diffuso e un’ottima soluzione, perché garantisce la stessa praticità della carta di debito con il vantaggio di avere un plafond limitato, così da tutelare i giovani, e soprattutto i genitori, da eventuali smarrimenti o spese folli. Il consiglio, però, è verificare prima di partire che la carta sia abilitata e accettata nel Paese di destinazione.