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2014/01/28

Italiani dimenticati


Italiani, popolo di eroi, di santi, di poeti, di artisti, di navigatori, di colonizzatori, di trasmigratori. È la parte rimasta più famosa di un discorso che Benito Mussolini pronunciò il 2 ottobre 1935 contro la condanna all’Italia, da parte delle Nazioni Unite, per l’aggressione all’Abissinia. Questa stessa citazione campeggia sulle quattro facciate del Palazzo della Civiltà Italiana, o della Civiltà del Lavoro, uno splendido edificio che si trova a Roma nel quartiere dell’EUR.

Ormai quasi tutto è andato perduto. Siamo ancora artisti, navigatori e in parte colonizzatori moderni che portano conoscenza e tecnologia, cultura e sapere non portano via nulla alle popolazioni che visitiamo. Siamo ancora trasmigatori, e navigatori e una versione moderna possiamo identificarla nel nostro mitico Soldini, velista di fama e valore oltre che di coraggio. I nostri poeti muoiono uno a uno e non si vede quel ricambio generazionale che pure accompagna le altre arti. 

Santi lo siamo ancora, e aggiungo eroi per forza, solo in questo modo si spiega la stoica resistenza del popolo italico ai sopprusi della casta politica, che pure egli stesso ha eletto. Siamo un popolo di italiani colonizzatori e dimenticati. Già da anni i politici nostrani hanno dimostrato di voler e poter poco nei confronti degli italiani che vivono per scelta o necessità all'estero.

Eppure se ne dovrebbero preoccupare, perché gli aventi diritto, al voto naturalmente, sono almeno 3 milioni a cui si vanno o andrebbero aggiunti tutti quei figli di emigranti nati all'estero ma con passaporto italiano. In questo caso il numero tenderebbe a salire sfiorando i sei milioni, se poi vogliamo andare più a fondo il numero potrebbe ancora lievitare. E' perfino evidente che noi non siamo piu' un popolo di eroi, di santi, di poeti, di artisti, di navigatori, di colonizzatori, di trasmigratori.

Mi domando quindi per quale ragione i politici nostrani mostrano di voler costantemente dimenticare gli italiani che vivono lontani dall'italica penisola. La riforma elettorale di Renzi e Berlusconi non si pone nemmeno più il problema dell’elezione di deputati all’estero (semplicemente ignorati) il che – fino a prova contraria – sarebbe ancora oggi un dettato costituzionale. L’omissione-gaffe è la prova di quanto poco i politici italiani considerano il mondo dei milioni di italiani all’estero e ovviamente non considerino minimamente l’importanza potenziale della loro esistenza.

D'altronde una legge finanziaria che taglia ancora una volta i fondi a un  Ministero degli Esteri che percentualmente ha già il più basso indice di spesa dell’Unione Europea lo conferma. Spendiamo meno in percentuale e somma assoluta della Gran Bretagna, della Germania, della Francia, della Spagna, i Comites non vengono più rinnovati da anni… Non si investe all’estero perché non ci si crede, non si sa, non ci si pensa. Eppure quei milioni di italiani rappresentano una Nazione non solo per nuovi o antichi legami con la propria terra ma per la cultura, la lingua, l’economia: una grande risorsa umana 
disprezzata e dimenticata. 

Dalle trasmissioni RAI per l’estero che sono troppo spesso un’accozzaglia di stupidate (oltre ai TG debitamente centrati su Rai 3 e su trasmissioni di chiara parte politica, presentatori e presentatrici di sinistra comprese…) ai tagli per gli Istituti di cultura, le ambasciate, i consolati, i patronati, le scuole, la Dante Alighieri… Certo che qualche spreco ci poteva anche essere, ma da anni ormai si taglia e non si investe più nulla con il risultato di aver creato il deserto. 


2014/01/18

ITALIA verso il default, a spingerci Francia e Germania

In 24 ore due pesi massimi dell'economia sono andati all'attacco delle banche tedesche che sarebbero agevolate dalle nuove riforme in sede europea (Unione bancaria, Basilea III) . Ieri Marco Onado ha detto a Radio24: «Più passa il tempo e più il potere di lobbying delle banche va consolidandosi» con un riferimento più che implicito anche al limite del 3% sul capitale ipotizzato dalle bozze in discussione sulle normative sui vincoli di bilancio, che potenzia la leva finanziaria e difatto favorisce in particolare le banche tedesche che, tra quelle europee, sono le più esposte alla leva finanziaria. Non a caso, negli ultimi giorni sono state proprio le banche tedesche a correre di più in Borsa.

Gli ha fatto eco oggi l'economista Luigi Zingales, in un'audizione alla Commissione Finanze del Senato sul dl Imu-Bankitalia: «Le banche tedesche hanno oggi maggior solvibilità delle italiane perché lo Stato ha trasferito loro un grosso ammontare di risorse specialmente alle Landensbank piene di titoli tossici statunitensi all'indomani della crisi, con un meccanismo che la Germania ha invece contrastato negli altri paesi Ue».

La prima cosa da è combattere, secondo Zingales è questa situazione «di due pesi e due misure» con un'Unione bancaria che sia «uguale per tutti».

«La legge "no bailout" dei tedeschi, di fronte alle difficoltà proprie cambia - sottolinea il professore della Chicago Booth School of Business - in un mondo in cui le banche hanno implicitamente un supporto pubblico e gli Stati ricchi hanno banche solide e quelli poveri non se lo possono permettere». Questo atteggiamento, per l'economista «dà un vantaggio competitivo alle loro banche che poi si trasmette in un vantaggio competitivo a livello europeo, con conseguenze estremamente negative sulla nostra crescita economica».

«Oggi l'Unione europea è principalmente franco-tedesca e impone le sue regole al resto del continente con conseguenze devastanti, dal mio punto di vista, nel sud Europa. Il rischio di non cambiare queste regole è quello di avere una meridionalizzazione e desertificazione dell'intera Italia» .

In Grecia emigrano anche medici e ingegneri 

Intanto il quadro sociale e reale in Grecia continua a peggiorare. Il Paese è da 10 mesi consecutivi in deflazione che, unita a un tasso di disoccupazione medio vicino al 30% (oltre 50% quello giovanile) sta spingendo molti lavoratori, tra cui medici e ingegneri, a emigrare soprattutto verso Paesi europei o negli Usa, alla ricerca di maggiori opportunità di lavoro. Come riferisce il quotidiano ateniese To Vima, hanno abbandonato il Paese già decine di migliaia di medici e ingegneri che si sono diretti per lo più negli Stati Uniti, in Germania e in Gran Bretagna. Ma anche diversi Paesi del Medio Oriente hanno registrato un aumento di immigrati dalla Grecia. Il fenomeno della migrazione dai Paesi dell'Europa meridionale è aumentato notevolmente negli ultimi anni con un incremento di provenienze dalla Grecia del 49% novembre 2012 e lo stesso mese del 2013.

In particolare la Gran Bretagna ha registrato un aumento del 16% degli immigrati da altri Stati membri dell'Ue pari a circa 25,000 persone. Il Dipartimento britannico del Lavoro e della Previdenza sociale ha indicato che gli immigrati dalla Grecia sono aumentati del 31% tra il settembre 2012 e lo stesso mese del 2013. Da parte sua, l'istituto di statistica tedesco Destatis ha osservato un aumento del 5,1% negli immigrati mentre la Federazione delle comunità greche del Belgio ha riferito che gli immigrati greci cercano lavoro soprattutto nel settore bancario e della ricerca, ma vi sono anche molti operai.

fonte sole24ore

2013/12/15

L'Italia si salva solo se lascia l'Euro


Li ha riuniti nella tana del lupo, il megacomplesso dell’Europarlamento a Bruxelles, l’eurodeputato Magdi Cristiano Allam, leader del movimento "Io amo l’Italia". Due insegnano all’università Gabriele d’Annunzio di Chieti-Pescara: Alberto Bagnai politica economica e Antonio Maria Rinaldi finanza aziendale. Il terzo, Claudio Borghi, è docente di mercati finanziari alla Cattolica di Milano. Ecco una sintesi di quanto hanno detto.

LA BUFALA DELL’INFLAZIONE

«Non è affatto vero che se l’Italia uscisse dall’euro e svalutasse del 20-30% ci sarebbe un’inflazione dello stesso livello», sostiene Bagnai. «Recentemente la Polonia ha svalutato lo zloty più del 20% e l’inflazione si è ridotta. E anche nel 1992, quando lo ha fatto l’Italia, l’inflazione è diminuita. Oltretutto all’epoca l’inflazione globale viaggiava al 4-5%, mentre oggi ci troviamo in uno scenario di deflazione e quindi l’impatto sarebbe ancora minore». «L’inflazione viene dipinta come il male assoluto», osserva Borghi, «ma non è affatto così. Negli anni 80 in Italia l’inflazione viaggiava a due cifre, ma il clima economico era nettamente migliore. Oggi invece abbiamo il deflazionato disoccupato».

NESSUNA DIFFERENZA PER I RISPARMIATORI

Ma i piccoli risparmiatori che hanno investito in Bot e altri titoli di Stato italiani non rischierebbero di trovarsi con un pugno di mosche? «Nessun problema, il debito pubblico verrebbe convertito nella nuova moneta. La stessa che utilizzerebbero i risparmiatori per la fare la spesa. Quindi per loro non cambierebbe niente», rispondono all’unisono Borghi e Bagnai.

IL PROBLEMA DELLA CRESCITA

Però l’Italia è un Paese di vecchi e i pensionati hanno paura del salto nel buio. «Adesso vengono anche loro torchiati dal fisco per poter rispettare i diktat europei», osserva Borghi, «e devono capire che le loro pensioni vengono pagate da chi lavora. Se tutti sono disoccupati chi le pagherà? Anche a loro conviene preoccuparsi soprattutto di ripristinare le condizioni per la crescita». Crescita economica che finché si resta nell’euro è una chimera. «Impossibile raggiungerla dovendo rispettare il Fiscal Compact», spiega Rinaldi, «che dal 1° gennaio 2015 obbligherà tutti i 25 Paesi firmatari e ratificatori del Trattato al pareggio di bilancio e alla riduzione sistematica del 5% annuo dell’eccedenza del 60% del rapporto debito pubblico/pil. Per l’Italia questo significherebbe trovare ogni anno risorse aggiuntive per 98 miliardi di euro. Una somma pari a più di quattro volte il gettito Imu complessivo».

LA GABBIA EUROPEA

Rinaldi tiene poi a sottolineare l’assurdità dell’attuale costruzione europea: «Il Trattato di Maastricht è stato firmato il 7 febbraio 1992 e da allora non hanno ancora uniformato le aliquote Iva. Ma che mercato comune è?». Che fare, allora? «Bisogna chiedere subito la moratoria del Fiscal Compact, altrimenti è la fine. Siamo ingabbiati in un meccanismo in cui è l’economia reale a doversi adeguare all’euro e non viceversa». L’alternativa è l’uscita dall’euro, che dovrebbe essere concordata per attutire al massimo gli impatti negativi. Ma è possibile? «Credo che sarà la Germania la prima a uscire», sostiene Borghi. «Ormai ha raccolto tutto quello che poteva da questo stato di cose. E quando si tratterà di dover dare nuovi finanziamenti alla Grecia o a qualche altro Stato, a Berlino decideranno di mettere la parola fine».

Articolo di Marcello Bussi uscito sull’ultimo numero del settimanale Milano Finanza

Siamo alla frutta?



Siamo alla frutta? 

Dovrei dire: il finanziamento pubblico dei partiti questo sconosciuto e invece dico che, anche in questo caso, la soluzione proposta non risolve il problema perché se non cambiano le condizioni i partiti avranno sempre la necessità di essere finanziati per sopravvivere.
Andiamo con ordine partendo dalla fine di questa storia infame.
Il finanziamento pubblico può essere annullato completamente, si deve, è possibile anche perché gli eletti percepiscono uno stipendio anche abbondante che permette loro di vivere più che dignitosamente e anche li ci sarebbe molto da dire ma ne parleremo in seguito.  Torniamo al finanziamento pubblico dei partiti.

Perché finanziamento?

Innanzitutto ci sono le spese dei partiti, pantagrueliche macchine politiche che ingurgitano quattrini non sempre utili alla politica, no, non sto pensando ai vari individui che nel corso degli anni recenti sono stati sorpresi con le mani in pasta, pasta d'oro naturalmente, no, parlo di segretarie, fattorini, impiegati, usceri, autisti, contabili, amministratori, managers dediti alla politica solo di facciata, di fatto dipendenti di quei partiti dove lavorano come molti altri italiani (quasi tutti) e non dedicano nemmeno un minuto alla politica se non per proprio tornaconto inteso come stipendio alla fine del mese. Questa pletora di individui costano ai partiti diversi milioni ogni anno. Solo il PD dispone (mi dicono) di 212 dipendenti nella sede romana di via delle Fratte. Pochi? Troppi!

Il M5S dispone di zero dipendenti e zero impiegati e mi sembra anche zero autisti al proprio servizio diretto, avvalendosi per tutte le necessità di partito dei propri eletti o fiancheggiatori anche se non eletti. 

Tutto questo ha un costo, anche notevole. Il vecchio PDL (di Forza Italia non ho i numeri) contava oltre 400 dipendenti in diverse sedi distaccate compresa quella di via dell'Umiltà (un centinaio), sedi, non fan club ecc. Tutta questa gente andava pagata, alla fine del mese era lo Stato che finanziava attraverso il finanziamento pubblico i partiti che spendevano anche troppo. Mi si dirà che le elezioni hanno un costo, che le campagne elettorali vanno organizzate con grandi mezzi e i fornitori pagati...

Grandi bugie (volevo scrivere balle ma non mi è sembrato pertinente). Ognuno si autofinanzia le campagne elettorali come può, non per questo lo Stato, e lo Stato siamo noi e non loro, deve essere costretto a pagare chi le fa.

Si immagini lo Stato Italiano come un'azienda, una qualsiasi, per comodità colloquiale paragoniamolo all'ENI e poi vi spiego il perché della scelta. L'ENI è un grande ente ormai privatizzato anche se non al 100%, che indice delle gare per realizzare dei progetti ovunque se ne presenti l'occasione. 

Se, poniamo, il Qatar decide di realizzare una raffineria ecco che l'ENI, attraverso una delle aziende che fanno parte della scuderia, richiede di partecipare alla sua costruzione. Facciamola breve altrimenti solo per spiegare come funziona devo scrivere un'enciclopedia. L'ENI quindi identifica i vari lavori da realizzare e propone un prezzo al cliente. Il cliente dello Stato Italiano siamo noi. Ma chi realizza i lavori? Non certo l'ENI, o meglio l'azienda facente parte dell'ENI. Per l’ENI saranno I vari fornitori e subappaltatori. Nel nostro caso sono i partiti. Il lavoro da realizzare solo le elezioni. Lo Stato indice una gara - le elezioni - le aziende partecipano ognuno pagando le proprie spese organizzative. 

Chi vince la commessa, governa e incassa i finanziamenti, chi non vince lecca le proprie ferite e va all'opposizione. Come poter quindi sopravvivere? Attraverso le donazioni che tuttavia in tempi di vacche magre diventano rare come i diamanti blu, l'unica via percorribile allora diventa alleggerire la struttura, autotassare i contendenti, gli eletti e anche chi eletto non è, ma partecipa al grande gioco della politica. Poi saranno loro stessi, gli eletti, che provvederanno al mantenimento volontario dell'organizzazione virtuale di cui fanno parte. Tutto il resto è solo spreco.

Lo spreco in Italia è sempre andato di moda, basterebbe soffermarsi alle migliaia di auto blu a disposizione di quattro, dicasi, quattro pirla che non sanno difendersi nemmeno da una mosca. Chi vorrebbe per esempio ammazzare la Finocchiaro? Eppure gira con scorta, John Lennon non aveva la scorta e l'hanno fatto fuori,  qualcuno potrebbe obiettare, certo, ha ragione. 

Mio cugino che contabilizza i guadagni di un grande imprenditore in odore di mafia potrebbe essere minacciato se ne contabilizza troppi? Si deve dotare di auto blindata e scorta armata? Ma per favore... David Cameron, primo ministro inglese, è facile incontrarlo nella subway (metropolitana) mentre si reca in Parlamento, a volte in piedi se non ci sono posti a sedere, e nessuno si scomoda dal cedergli il posto solo perché è primo ministro.

Se vogliamo veramente un cambiamento la soluzione è cambiare il sistema dei partiti. Il M5S ha tracciato la strada, abbiamo visto che è possibile, che strutture partitiche anche complesse possano vivere riducendo al minimo i costi, rinunciando a sedi faraoniche e uffici con lustrini e cristalli. Gli eletti sono tutti professionisti della politica e ben remunerati e in grado di permettersi l'eventuale portaborse o contabile per la dichiarazione dei redditi, tutto il resto è superfluo. 

La situazione attuale italiana.

Grazie al governo Monti, è stata approvata la legge 96/2012, con la quale si è deciso di ridurre i contributi pubblici a 91 milioni di euro per l’anno 2013. Una cifra, tutto sommato, accettabile. La vera questione, il succo di tutto il discorso, è la differenza di controllo sull’uso dei fondi elargiti. I vari scandali degli ultimi anni dimostrano quanto non esistano meccanismi di garanzia efficaci per vigilare sull’effettivo uso dei fondi, nonostante questo occorre dire come sia stato previsto, secondo la legge emanata dal governo tecnico, un controllo sul bilancio (Consob) e una relazione successiva ad un’apposita Commissione per la Trasparenza incaricata di vigilare sui conti dei Partiti. 

Basterà a cambiare la situazione?

Prima parlare di abolizione dei finanziamenti pubblici, occorrerebbe concentrarsi sulla regolazione delle garanzie che i partiti devono rispettare per poter usufruire degli stessi. L'inganno altrimenti colpirebbe duramente. Trasparenza del bilancio, un controllo assiduo degli enti di vigilanza, modifica di alcune pratiche non proprio consone. Due esempi eloquenti? I partiti aventi diritto ai fondi visti i risultati conseguiti nelle elezioni del 2006 andarono avanti a goderne sino al 2011, anche se la legislazione terminò nel 2008. Nelle elezioni successive alla caduta del governo Prodi, poi, dei 475 milioni ricevuti complessivamente, ne sono stati spesi solo 1/5. Singolare, visto che si sarebbe dovuto trattare di rimborsi elettorali.

Un’abolizione totale, allora, non è così consona come sembra. Innanzi ad un controllo rigido e a delle regole ben precise l’Europa – con l'eccezione del Regno Unito – ci dimosta quanto tale strumento sia fondamentale per le democrazie moderne. L’unico modo per percorrere la strada sostenuta da Grillo sarebbe emulare la legislazione statunitense e, in parte quella tedesca, nella quale ogni donazione privata viene resa pubblica per legge. In questo modo, i cittadini, potrebbero capire quali gruppi di interesse sostengano i partiti. Insomma, una garanzia minima per evitare che la politica divenga un gioco manovrato occultamente ed interamente dai grandi interessi. Tale trasparenza sarebbe comunque necessaria anche oggi. Ingenuo, infatti, chi pensa il finanziamento pubblico abbia impedito ai Partiti di ricevere donazioni, all’insaputa degli elettori, dai grandi poteri economici. Ancora più ingenuo chi crede, in un Paese in cui la parola lobby è ancora considerata sinonimo del demonio, i cittadini possano accettare in silenzio un sistema partitico sostenuto pubblicamente dai grandi gruppi di interesse.
Se non si attua questo cambiamento, signori miei, non cambierà nulla e per vincere ci resterà solamente la ghigliottina.

In alto i cuori, possiamo farcela, dobbiamo insistere e resistere.

2013/10/25

EU rovina d'Italia

Lo "stato di eccezione" è uno dei concetti chiave della dottrina politica di Carl Schmitt (1).
Si contrappone allo stato di diritto, perché si configura come una situazione in cui il diritto è sospeso. Una situazione di emergenza,di necessità temporanea in cui il potere costituito sospende il diritto una sospensione del diritto quindi legalizzata. 

Da chi?

Sovrano è colui che decide sullo stato di eccezione nel senso che decide se sussiste lo stato di eccezione e che decide cosa si debba fare per superarlo. E chiaro che l'eccezione fa emergere, in tutta la sua forza, la prevalenza (temporanea) del politico sul giuridico, lo Stato sospende il diritto, per volontà e necessità di autoconservazione. Non occorre dire che questo concetto di stato di necessità, travalicando certi limiti che lo giustificano, può diventare molto pericoloso per lo stesso Stato di diritto e per i suoi cittadini. Questo "stato di eccezione", o meglio il suo stravolgimento, è quello che viene costantemente evocato (e applicato) da due anni a questa parte dall'Europa usuraia, il vero sovrano che decide cosa fare e che pone una discutibile (per non dir falsa) eccezione come una regola generale, con la pretesa di identificarla come normalità giuridica.

Stato di eccezione che consente agli usurpatori della sovranità di decidere e imporre quanto vogliono per la loro sopravvivenza, e non certo quella dello Stato privato della sovranità e guidato da meri esecutori di questa sciagurata e distorta visione politica.

Insomma, paradossalmente, siamo in presenza di entità mitologica, un obbrobrio giuridico e politico, la UE, che non è uno Stato, né una federazione di Stati ma in pratica una consorteria finanziaria e affaristica basata su una moneta truffa e che, oltre a confiscare la sovranità, decide pure quale sia l'eccezionalità e quanto deve durare a salvaguardia dei propri interessi, completamente diversi e contrari a quelli dei popoli che tiranneggia. Infatti questa sospensione molto poco temporanea del diritto che giustifica ogni illegalità, può configurarsi come vera e propria dittatura.

La Commissione Europea è l’esecutivo politico di questo cartello usuraio, non siamo noi a eleggerla, è lei che dispone i progetti di legge e non il parlamento europeo, che può solo approvarli. Commissione Europea non eletta dal popolo e che non può nemmeno essere destituita. Per giustificare l'illegalità, l'UE ha costantemente usato l'argomentazione dello "stato di necessità " (su cui si fonda lo "stato d'eccezione"), che autorizza a sospendere la costituzione. Non la sua, dato che non esiste....ma quella dei singoli membri. Lo stato di necessità è dettato dall'imperativo di salvare il sistema oligarchico. Ciò significa che le elezioni vanno evitate a tutti i costi e che il golpe avviato con la nomina di Mario Monti deve proseguire, per assicurare che gli italiani si immolino per salvare l'euro, cioè gli interessi dell'oligarchia e il loro strumento di potere, l'euro appunto.

Nell'estate del 2011, l'UE ha creato uno stato di necessità per l'Italia manipolando il valore dei suoi titoli di stato. La BCE ha prima lasciato cadere i titoli, è quindi intervenuta successivamente per acquistarli al fine di sostenere il governo Monti.

Si ripeterà il giochino con Letta?

È questo che Draghi ha discusso nella cena delle trame? Il suo annuncio al Parlamento Europeo che la BCE è pronta a un'altra mega-iniezione di liquidità per le banche (LTRO) ha a che fare con questo? (2)
Che ha chiesto Draghi in cambio ai suoi commensali? Il Financial Stability Assessment del FMI per l'Italia, rilasciato il 27 settembre, raccomanda l'applicazione del bail-in (prelievo forzoso) per soccorrere le banche italiane. 
Oppure si è limitato a sollecitare le privatizzazioni, in famoso "stile Britannia"?
Intanto questa è  la “ricetta” avanzata dall’élite finanziaria mondiale  tramite i banditi FMI, che nella settimana della crisi-burla ha recapitato a Roma un dossier di 300 pagine in cui il braccio armato della Troika prevede l’imminente fallimento del nostro paese, prenotandone la resa: cessione dello Stato a prezzi di realizzo, smantellamento di quel che resta del welfare, ulteriore compressione degli stipendi. L’Italia deve “costare” meno. Meno soldi per salari, pensioni e servizi, mettendo mano alle “riforme strutturali” neoliberiste sul tavolo di Letta, Alfano e Saccomanni, cioè la “squadra” messa insieme da Napolitano, uno dei principali scafisti degli usurai.

La nostra rovina, infatti, è l’Europa dell'euro nella quale ci hanno traghettato gli scafisti dell’oligarchia sinistroide. La cricca affaristica che si spaccia per “sinistra” ha saputo solo provvedere agli interessi usurai (e suoi) con leggi “ad partes” e appoggiare criminali frange economiche mondiali, veri campioni di vampirismo economico sociale, tipo Bilderberg e Trilateral, di cui molti di questa "sinistra" fanno e han fatto parte e nella quale non è mai entrata per esempio la destra, stranamente esclusa da un'organizzazione fantasma che tiene le fila in nome di una apparente giustizia sociale che evidentemente non è.

E così, tornando all'amena cenetta a casa Scalfari, troviamo Draghi, Letta e Napolitano, tutti membri del "più Europa oligarchica" e meno democrazia per i popoli . Subito dopo il picnic, la Pizia Eugenia ha impartito gli ordini di marcia in un accorato sermone sul tazebao del bancarottiere e evasore, nonchè massone De Benedetti. Dopo aver sentenziato in puro stile fascio illuminato che "la massa non fa progressi", frate Eugenio lancia l'allarme: si sta cercando di mettere in discussione "l'esistenza dello stato di necessità" che giustificò il governo UE  di Mario Monti prima, e di Enrico Letta poi. C'è il rischio che Letta sia costretto da ricatti vari (e di Berlusconi...questo non può mancare mai...) a adottare una politica di anti-austerità, anti-euro.


 Ma, conclude lo squadrista: Letta, Napolitano e Draghi "sono i nostri tre punti di forza, che hanno l'Europa come obiettivo preminente per l'avvenire di tutti. Se questa realtà è chiara, occorre operare, ciascuno nell'ambito delle sue competenze, affinché si realizzi”. 
Capito....?!?! Quest'altro scafista sinistrato, laureato in fesserie filosofico politiche e delirio di onnipotenza? Questi sarebbero i tre punti di forza (più lui naturalmente), invece degli affossatori della Repubblica Italiana che sono in realtà!! Tre diversi gradi di servitù, pardon quattro, con la Pizia... quel Scalfari che come pennivendolo sta nel gradino più basso e vergognoso.

E così abbiamo trovato un altro predicatore dello "stato d'eccezione" che deve proseguire per l'avvenire di tutti i suoi amici oligarchi, magari rendendolo definitivo e abolendo qualsiasi Costituzione. Il sol dell'avvenire scalfariano!
Nella vecchiaia malvissuta manco senatore a vita, poverino, si è tanto prodigato in lecca lecca presidenziali! Sembra rinascano i furori giovanili, ma è solo fuffa, conformismo, leccaculismo a fin di male, puro confronto dettato dal bisogno i emergere a quel mare di merda ove, nonostante tutto, è riuscito a cacciarsi da solo.
Fascista era e tale é rimasto anche se fa finta di essere dell'opposta fazione.

Ma un fascista poco aristocratico (come a lui piacerebbe), bensì arrampicatore, e opportunista lo è sempre stato, pure durante il periodo bellico, e come sappiamo, anche dopo. Sempre bene ricordarlo ai tartufi del foglio vespasianeo dell'Inquisizione Scalfariota (lettori compresi). Scriveva  il Vate Fochettaro in preda stavolta al leccazampismo: 

"Noi siamo pronti a marciare, a costo di qualsiasi sacrificio, contro tutti coloro che tentano di fare mercimonio della nostra passione e della nostra fede. E ancora oggi è la stessa voce del Capo che ci guida e ci addita le mete da attingere. Gli imperi quali noi li concepiamo sono basati sul cardine di razza escludendo perciò l'estensione della cittadinanza da parte dello Stato Nucleo alle altre genti".

Bravo, bis! Non male, rispetto a oggi! Anche questo lo mettiamo nel cocuzzaro di tutti quegli intellettuali di sinistra (dopo) che si facevan le ossa qualche anno prima, gridando W il Duce. Eccoli qui i novelli riformisti attenti alle purghe all'olio di ricino e al portafogli, possibilmente sempre pieno di dollari, gli euro sono per i poveri.
Lasciamo ora questo sussiegoso e vecchio avanzo da "sotto tutte le bandiere " ora quella dell'Europa usuraia, era tanto per far capire chi ne sono certi difensori.

Tornando a bomba, in realtà gli usurai della Ue e i loro esecutori italioti, hanno continuamente bisogno di agitare questo straccio della "situazione di eccezione" e di "necessità", in una sorta di continuo terrorismo mediatico.
Ciò che infatti temono, insieme ai loro servi, è che il sentimento anti austerità nella popolazione italiana possa sfociare in un definitivo voto anti-euro in caso di nuove elezioni (già in Francia e altri paesi è una certezza), e ancor di più che la protesta sfoci in aperta guerriglia, ciò che non gioverebbe alla loro causa, basata sulla mistificazione e sull'accettazione passiva delle popolazioni. Questo timore è ben esplicitato, tra gli altri, dalle parole del giullare europeo Letta:

"Rischiamo i avere il maggior Parlamento europeo "anti europeo" di sempre. Il grande rischio è che il 25% del Parlamento europeo sia composto da movimenti anti euro o anti Europa". "La crescita del populismo è oggi il primo problema sociale e politico. Combattere il populismo è una missione oggi in Italia e negli altri Paesi"

Non voglio nemmeno commentare queste fesserie, ormai è talmente abituato a dirne tante. Reprimere tali rivolte, stante il clima a loro generalmente ostile (nonostante gli accaniti sforzi dei pennivendoli per dissimularlo), sarebbe un colpo mortale alla loro finta immagine a favore dei popoli e non farebbe altro che incrementarle.

Coraggio italiani, il fronte antieuro si va via via incrementando in tutta l'Europa dei popoli, facciamo la nostra parte e cacceremo tutti questi profittatori, sguatteri compresi.

Note:
(1)  -  Lo Stato di eccezione è uno dei concetti chiave nell'ontologia politica di Carl Schmitt. Partendo da concetti primordiali come terra, mare, amico, nemico, egli arriva poi alle differenze tra legalità e legittimità e correla strettamente la sovranità con lo stato di eccezione. Da alcuni punti di vista lo stato di eccezione si contrappone allo stato di diritto, perché si configura come una situazione in cui il diritto è sospeso. D'altro canto esso tende a situarsi in una posizione intermedia tra lo stato di natura e lo stato di diritto, assumendo un aspetto pre-giuridico. 

Questa situazione in cui il potere costituito sospende il diritto è sotto certi aspetti speculare al diritto di resistenza altra situazione in cui legalità e legittimità si differenziano, però a favore del popolo e non del potere costituito. Lo Stato d'eccezione anche noto come "Stato totale per energia", si contrappone allo Stato totale per debolezza a cui Carl Schmitt faceva riferimento come Stato creato dal compromesso liberal-democratico, ritenuto incapace di decisione politica, di sovranità, pur occupandosi di ogni ambito della società. Lo Stato d'eccezione si configura come soggetto politico che deve avere e pretendere per sé il controllo totale di ogni ambito della società (Stato che Schmitt vedrà realizzato nel Terzo Reich).

Doveva basarsi su tre punti: Popolo (diviso per ordine razziale); Partito (manifestazione dell'energia politica vitale del popolo appartenente a quello Stato); Stato (ambito formale in cui si dà l'ordine concreto). Il concetto è stato ripreso in tempi recenti da Giorgio Agamben in un libro omonimo, in cui analizza tale stato come un vuoto giuridico, una sospensione del diritto paradossalmente legalizzata (un ius-stitium che è differente dalla dittatura). Egli trova lo stato d'eccezione molto diffuso nella realtà di oggi.

(2) - A pezzi anche il nostro sistema bancario: sta ancora in piedi solo grazie ai finanziamenti della Bce di Draghi, che però non dureranno all’infinito. Sempre il FMI spiega che i bilanci delle banche stanno diventando insostenibili per via del crollo del valore degli immobili detenuti come garanzia, mentre i crediti non esigibili da aziende e privati sono arrivati a 140 miliardi di euro, cifra che rappresenta il 10% del Pil.

2013/10/15

Povera Italia!

Povera Italia, anche Garibaldi se ne vergognerebbe!


Ma è vero che l’Italia sia in crisi e gli italiani alla canna del gas? 

Un amico mi scrive a proposito di un viaggio che ha compiuto in quell'Italia che ama alla ricerca di emozioni. Mi racconta che ha viaggiato nell’Italia centrale e si è stupito nel vedere alberi da frutto con mele e pere per terra perché nessuno le ha raccolte, così come fichi, noci, zucche e molti ulivi ma soprattutto pomodori. 

Distese infinite di campi di pomodori che cominciavano a marcire perché nessuno li ha raccolti. Milioni di frutti sprecati dopo che le piante sono state pur piantate e concimate giungendo regolarmente a maturazione. Il mio amico allora si è informato, voleva sapere per quale motivo tutto quel ben di Dio veniva lasciato letteralmente marcire senza essere raccolto, mancava forse la manodopera? Assolutamento no, la manodopera gli dicono che è abbondante, la risposta è stata comunque sconcertante: “Non ha più senso raccogliere i pomodori: le industrie di trasformazione importano pomodori dalla Cina a prezzo così basso che ci costerebbe di più raccoglierli rispetto al prezzo che potremmo spuntare, quindi perdiamo di meno a lasciare marcire tutto”. 

Quando Fidel era in auge, a Cuba la gente era precettata a raccogliere canna da zucchero, così come nell’Europa dell’est gli studenti passavano alcune settimane l’anno a lavorare nei campi (anche in Australia al giorno d'oggi, gli studenti con il WHV devono spendere obbligatoriamente un periodo di lavoro in campagna per sperare di rinnovare il visto per un anno ulteriore). Noi italiani siamo diventati così “poveri” e assurdamente scemi da essere incapaci da imporre a livello comunitario di mettere un minimo di dazio per limitare le importazione cinesi e così distruggiamo mercati, agricoltori, filiera a chilometro zero ecc.ecc. che poi la stessa Europa in parte “risarcisce”. 

Ma almeno si mettesse un cartello sulla strada: “Servitevi pure, è tutto gratis...-“. E’ comunque osceno questo spreco, assurdo, anche se forse - se fossi ancora ragazzo - avrei già concordato per raccogliere case di pomodori vendendole a prezzo bassissimo alla gente della zona (non all’industria) pur di raggranellare qualcosa. Una volta si sarebbe fatto senza problemi, oggi probabilmente ASL e leggi lo impedirebbero ma anche per questo evidentemente in Italia - pur con una generazione di disoccupati dichiarati - non interessa a nessuno. 
L'evoluzione dell'Homo Italicus.
Il prossimo ventennio come lo raffigureremo?

Il testo che segue è di una canzone di Franco Battiato, scritto nel 1991, attuale come non mai. Verrebbe da dire che il nostro Paese non cambia mai e gli armadi si riempiono di scheletri che nessuno riesce a scoprire. 






Povera patria (cliccate sul titolo per ascoltare la canzone)
(da "Come un cammello in una grondaia", 1991)

Povera patria! Schiacciata dagli abusi del potere
di gente infame, che non sa cos'è il pudore,
si credono potenti e gli va bene quello che fanno;
e tutto gli appartiene.
Tra i governanti, quanti perfetti e inutili buffoni!
Questo paese è devastato dal dolore...
ma non vi danno un po' di dispiacere
quei corpi in terra senza più calore?
Non cambierà, non cambierà
no cambierà, forse cambierà.
Ma come scusare le iene negli stadi e quelle dei giornali?
Nel fango affonda lo stivale dei maiali.
Me ne vergogno un poco, e mi fa male
vedere un uomo come un animale.
Non cambierà, non cambierà
sì che cambierà, vedrai che cambierà.
Voglio sperare che il mondo torni a quote più normali
che possa contemplare il cielo e i fiori,
che non si parli più di dittature
se avremo ancora un po' da vivere...
La primavera intanto tarda ad arrivare.

22 anni dopo scopriamo con dispiacere che non solo non è cambiata, ma è pure peggiorata.


2013/09/08

La crisi va pagata da chi l'ha provocata!


Ogni opinione va rispettata, per carità, ma smettetela di dire che il problema sono i politici: lo sono senz'altro, ma li avete eletti voi. È inutile che mi rispondiate "ma dove lo troviamo un Roosevelt in Italia oggi". Vincoliamo i candidati ai programmi, leggiamoli, discutiamoli, prendiamoci la nostra parte di responsabilità. 

La gran parte degli italiani per 20 anni ha votato per Berlusconi o contro Berlusconi. Ma che cavolo di programma sarebbe? La denuncia delle storture e delle ingiustizie è una cosa, il vittimismo tutt'altra. Tra la ricca contessa e il povero in canna stiamo tutti dalla parte del povero in canna, salvo il fatto che non vorremmo mai essere come lui, e salvo rare eccezioni non facciamo nulla per aiutarlo. 

È super-doveroso far pagare una patrimoniale alla contessa e a tutti i ricconi. Ma è indispensabile sapere poi che fare con il ricavato. Se no i soldi vanno a finti precari pubblici, opere inutili, o peggio dove ordina Bruxelles. Governare davvero: è questa la sfida dopo 20 anni. Mettere a fuoco le riforme giuste, i tagli necessari, senza farsi piegare da lobby, corporazioni e comitati No-qualcosa. 

Esempi? 

Detassare completamente le assunzioni di giovani e i primi tre anni di salari, a patto di non licenziare per far loro posto. Puntellare l'occupazione degli over 50 con incentivi al mantenimento del lavoro. Dismettere tutte le proprietà non strategiche dello stato e delle autonomie. Imporre la pratica del miglior prezzo per tutte le spese del settore pubblico, a partire dalla sanità regionale. 

Vincolare le banche all'erogazione di mutui agevolati per la casa ai lavoratori dipendenti, gli unici che sicuramente pagano le tasse grazie al prelievo in busta. Lanciare il settore di valorizzazione a fini turistici delle belle arti, cofinanziata da enti di ricezione e compagnie di viaggi, occupando solo laureati nelle discipline dedicate. Confrontiamoci su fatti, idee, dati. Contrastiamo il vittimismo del declino e della decrescita più o meno felice. Possiamo, anzi dobbiamo farcela. O se no piangiamoci ancora un po' addosso.

2013/07/14

Morire di Euro





Era meglio morire da piccoli che mangiare la pasta coi broccoli... ve la ricordate la filastrocca? Se la ricorderanno quelli più vecchi fra voi, quelli che erano bambini quando lo ero io.

Detto fra noi i broccoli sono fantastici, piacciono a tutti, era una questione di rime e in quel caso funzionava bene. Non funziona invece la pasta europea con l'euro.

Oggi di euro si muore. Questa filastrocca bisognerebbe musicarla, canticchiarla sul tram o in autobus, agli angoli delle strade, in ufficio o a casa, portarla nelle discoteche.

Stiamo morendo e il nostro veleno è l'euro. Non pensiate che stia esagerando, non esagero, nemmeno tanto, so quello che scrivo perché cari i miei lettori io ho la fortuna di guardare il mio Paese andare in malora standone fuori.

Che vedo? Vedo un'Italia sempre più malandata, messa male, pronta a fallire.

Oggi l'Italia si trova a un bivio: pagare il conto salato per una scelta azzardata o continuare una “non vita da zombie” nel segno di un'austerity senza fine. Non è una profezia. Non è neppure un'opinione. È questione di logica, di numeri ed è ciò che pretende l'Europa. Non credo nelle illusioni. Non ho mai pensato che l’Italia potesse farcela, potesse riguadagnare il terreno perduto in oltre dieci anni di permanenza nell’euro. Dal 2001 a oggi la nostra economia è andata sempre peggiorando, non siamo mai riusciti a riguadagnare terreno.

Del resto la storia italica dice che tutti i governi hanno sempre approfittato a man bassa delle risorse della nazione a scapito dei cittadini. Ha origini lontane questo comportamento, nasce tutto, o meglio si perfeziona e assurge all’onore delle cronache fin dal tempo dei romani. Poi si affina con il brigantaggio, esso, sin dalla sua genesi, aveva come causa di fondo la miseria. Oltre ad una mera forma di banditismo (soprattutto nel Medioevo), il fenomeno ha spesso assunto i connotati di una vera e propria rivolta popolare. Come può convivere il brigantaggio con l’altrettanto brigantaggio politico dei giorni nostri?

Le ragioni si identificano in tempi moderni, relativamente moderni. Inizia prima dell’unificazione italica. Il brigantaggio assunse già al tempo della dominazione spagnola e in seguito asburgica e francese, dimensioni significative, furono coinvolti vari strati sociali, anche con connessioni e complicità tra signori e briganti, sia in zone urbane che rurali. Il brigantaggio rappresentò col tempo una forza tale da vincere quella dello stesso Stato, incapace ancora di mediare tra i diversi ceti. Nonostante qualcuno scrisse che il brigantaggio non era che miseria, estrema e disperata augurandosi potesse terminare presto, non si accorse che invece quella forma di ladrocinio istituito, affermato, in qualche modo apprezzato dal popolo che vedeva nei briganti, gentiluomini, dei novelli Robin Hood pronti a rubare ai ricchi per donare ai poveri cresceva, si autoriproduceva, come una pianta virale inseriva i propri gangli ovunque, per il potere e non solo la sopravvivenza. Col tempo si iniziò a considerare il brigantaggio come il prodotto di un complesso sistema di vita, anche il politico soggiogato dal dominatore, rubava al dominatore per contrastare la fame, inizialmente quella vera, in seguito per accumulare ricchezze negate dal dominatore. Col tempo dalle ingiustizie si è passati alle rivolte di natura politica.

Ecco dunque che i moderni briganti sono i politici, arraffoni, che prendono quanto possono, come un cane che mangia non appena se ne presenta l’occasione, mangia fino a scoppiare perché oggi c’è e domani chissà. Così Il debito pubblico ha continuato a salire, aumentando il divario di sviluppo (sarebbe da dire involuzione, non ci siamo sviluppati, potremmo affermare che l’Italia ha perso terreno, credibilità, potere nel mondo. Vedasi il caso dei Marò in contrasto con l’India, un ex paese in via di sviluppo che è arrivato a dettar legge contro di noi, anche se tutte le evidenze sono contro di loro.

L’Italia non conta più nulla, ci confrontiamo con le realtà degli altri paesi europei, Germania e paesi Scandinavi in prima fila e in parte la Francia e ne usciamo perdenti, superati solo in questa caduta da Spagna e Grecia, Irlanda e Portogallo. Non ho mai creduto a chi scriveva che l'euro fosse una giusta mossa per l'Italia. La nostra è stata mancanza di lungimiranza, abbiamo guardato appena al di là del nostro naso, abbiamo scelto la casella sbagliata. 

Faremo la stessa fine di chi ha tentato in passato di partecipare a una moneta unica senza che ci fossero le condizioni politiche per essere un unico Paese. Bisognerebbe leggere la storia. Nel 1943 abbiamo perso una guerra, trattato con i vincitori, umiliati davanti a loro. La clausole di tale disfatta le stiamo onorando ancora adesso. Siamo cresciuti, il boom degli anni 60 è stato un miracolo che - Paganini non ripete - come il grande maestro non siamo stati capaci di replicare. Ogni occasione era buona per svalutare la Lira. Io ricordo il dollaro USA a 600 lire, un’enormità, incredibile. 

Da allora, dagli anni 60 il cambio Lira/US$ è continuamente aumentato a causa delle svalutazioni per favorire la nostra industria, leggi Fiat, ma tutti se ne sono avvantaggiati. Tutti gli industriali, i politici, i grandi investitori, i proprietari terrieri, gli imprenditori. Tutti con esclusione dei cittadini che hanno solo perso. Siamo in guerra ora, mi si dirà che una moneta non serve per dichiarare guerra. Forse si, tuttavia siamo in guerra e non ce ne siamo accorti. Siamo in guerra e le conseguenze economiche sono le stesse di una guerra cruenta.

Si potrebbe pensare di essere in un vicolo cieco, che ormai le opportunità sono terminate, che non ci sia più nulla da fare. Non è vero neppure questo, possiamo scegliere. Possiamo scegliere, come nazione, di uscire dall'euro. Possiamo scegliere un'altra moneta, magari tornando alla lira, oppure una moneta circolante, una di quelle con tassi di cambio a quattro zeri. Servirà affinchè le aziende italiane tornino a esportare, le nostre grandi industrie dovranno incrementare i turni lavoro, la produzione crescerà facendo precipitare la disoccupazione portando, finalmente, l'economia italiana in vita, resuscitarla, ossigenarla dallo stato comatoso in cui si trova.

Ora è praticamente morta. Non pensiate possa essere facile, ogni grande cambiamento nella storia di una nazione comporta dei sacrifici anche importanti. Non sarà facile per nulla. Perché c'è un prezzo da pagare. Farà male in particolare alle banche, che falliranno come imprese, senza che I correntisti possano rischiare di perdere i sudati risparmi. Non ci sono alternative, restare nell'euro, con un'economia da morti viventi non ci porterà mai fuori dalla crisi. Immaginiamoci questo scenario per i prossimi cinquanta, cento anni o per sempre. Uno scenario apocalittico, con una classe politica incapace di vedere oltre il proprio naso, incapace di cogliere le grandi difficoltà in cui si trovano i propri cittadini, incapaci di cogliere il momento giusto per riciclarsi, il tempo delle ruberie ormai si è esaurito, adesso il cittadino se ne rende conto, non è più disposto a perdonare, lo si capisce dai risultati delle ultime elezioni dove un partito nuovo, che non era nemmeno un partito è stato capace di guadagnare il quindici per cento dei voti, da zero a quindici è un successo, anche se non è sufficiente per governare. Significa che alla prossima tornata diventerà il trenta, forse il cinquanta per cento. Apocalittico forse, totalmente coerente con la situazione in cui versa il popolo italico, alla fame seppure attaccato con le unhie e con i denti ai privilegi di cui ha goduto fino a pochi mesi orsono, un ricordo del passato ormai.

L'Italia ha firmato un patto con l'Europa e l’Europa non ha apprezzato lo sforzo. Il primo dovere era portare il deficit annuale a zero. Una missione impossibile. Sono stati capaci solo di produrre tasse e tagli insopportabili. Anche se ogni italiano possa accettare di diventare sempre più povero e senza futuro non basterà. Per rientrare nel Club Europa l'Italia dovrà ridurre il debito pubblico di 50 miliardi l’equivalente di dieci IMU. Non ci riprenderemo più. E questo anche se i patti sono passibili di revisioni, di rilettura, di cambiamenti, ai tedeschi non converrà. Cambiare anche un solo parametro quivale a perdere di vista gli obiettivi che si sono posti. Piuttosto escono loro dall'euro e sappiamo benissimo che senza la Germania l’euro non è più l'euro, perderebbe tutto l’appeal, quel poco rimasto, degli investitori internazionali, arrivando a scomparire.

O noi o loro? Ogni nazione deve scegliere razionalmente la propria valuta. I politici hanno caricato di un enorme valore simbolico il fatto di essere membri di un circolo monetario. Ma la zona euro è costruita, su misura per i paesi del Nord Europa. Siamo come chi vive in Africa e vuole frequentare un club di Berlino. Il solo andare e venire ci manda in rovina.

All'Italia dunque conviene l'euro? Sono certo che non conviene, lo vediamo tutti i giorni, ce ne accorgiamo quando andiamo a fare la spesa, il pieno all’auto, il biglietto aereo. Siamo parte di un club dove i vantaggi sono pochi e il prezzo non solo è alto, ma rischia di cancellare il nostro futuro. Un individuo che pur di stare in un circolo esclusivo si rovina è un idiota. Stranamente questa regola sembra non valere per gli Stati, ma il concetto è lo stesso. L'economia italiana è così importante che sta creando guai in tutto il mondo. L'Europa e l'Italia in ginocchio per la crisi sono un problema per il Brasile, per la Cina, per gli Stati Uniti.

Non conviene a nessuno. Sta saltando un equilibrio. L'Italia morente è un problema geopolitico grave. Da quando l'Italia è in Eurolandia non cresce. È un fatto: scarso lavoro, zero aumento del reddito. Certo, gli italiani possono dire di essere parte dell'euro, ma non esportiamo più. Se i nostri politici aprissero gli occhi e si guardassero in giro potrebbero razionalmente scegliere, sono sicuro che cambierebbero subito valuta.

Purtoppo in questo non siamo soli, la Grecia e la Spagna prima di noi hanno avuto lo stesso malefico pensiero, adesso vediamo dove sono loro, falliti. Anche l’Italia si avvia al fallimento totale, S&P ha ridotto il Rating da BBB+ a BBB, un’inezia forse, ma significativa, segno che non è affatto vero che i nostri conti stanno migliorando, è vero il contrario e il baratro inizia a mostrare tutti i suoi angoscianti contorni.

Chi poteva è già fuggito, chi resta affonderà miseramente con buona pace di tutti.
Il governo non vede la situazione in cui siamo, si baloccano con sogni e ruberie, macchine dorate di un establishment morto e sepolto, come quell’orchestrina che suonava sul ponte del Titanic mentre la grande nave affondava.

Suonano anche loro, e ballano alla faccia dei poveri onesti cittadini. Quando non ci sarà più la nave Italia, assorbita dai nostri debiti allora rideremo, per ora possiamo solo piangere.

In tutto questo discorso ripenso a una notte di luglio 1992, quando con un decreto legge veniva deliberato il prelievo forzoso del 6‰ dai conti correnti bancari per un interesse di straordinario rilievo, in relazione a una situazione di drammatica emergenza della finanza pubblica. Un sistema oligarchico che non è stato capace di trovare soluzioni alternative, che trova normale prendere i soldi dai conti correnti degli italiani di notte, come fanno i ladri.

Era meglio morire da piccoli che morire di euro da grandi!

2012/10/21

I Padroni della Terra


Lo dicono in tanti, lo pensano tutti, pochi politici confermano, ma è una verità a cui non possiamo più sfuggire. Non siamo più padroni di noi stessi, siamo la merce di scambio di una classe di tiranni che è padrona del pianeta.

I padroni della Terra, Terra uguale Pianeta, il mondo non ci appartiene più da tanto, questo lo sapevamo o si era intuito già da tempo quando le guerre avvengono e nessuno può far nulla perché avvengano. Qualcuno si ricorderà di Mussolini, di Hitler. Populisti, dittatori, nulla al confronto dei nuovi padroni che entrano a passi felpati nelle nostre vite e si prendono tutto. Prendono le informazioni che noi più o meno ingenuamente forniamo loro, numeri dei conti corrente, numeri di telefono, le nostre preferenze,  e lo fanno attraverso le società telefoniche, o meglio i colossi della telecomunicazione, o meglio ancora i nuovi padroni della Terra, loro cercano spasmodicamente di ottenere i dati dei clienti e sono spesso disposti a spendere cifre elevatissime per entrare in possesso dei dati personali degli abbonati attraverso lo spionaggio industriale, attraverso programmi invasivi, virus, trojan che infettano i nostri computer e passano dati su dati, quelli delle nostre vite, famiglia, amanti e figli e nipoti quando ci sono. Tutto viene catalogato, assegnato, filtrato, impoverito o arricchito e tutto produce ricchezza, una ricchezza che non verrà mai divisa con chi pure ne possiede il momento iniziale, coloro che hanno l'imprinting ma non accedono ai frutti da questo derivanti. Una volta ottenute lecitamente o meno queste informazioni, le compagnie inviano i dati ai call center. In questo modo controllano tutto, dal conto corrente alle risorse, dalle preferenze di spesa a quelle sociali, religiose, persino nello sport. 
Chi sono i nuovi padroni della Terra dunque? E come esercitano il loro potere? 
Una risposta adeguata potrebbe essere quella di andare a indagare dentro le logiche delle multinazionali, scavando nei meccanismi economici e nei rapporti che danno l’esatta fotografia dei dati delle banche, entrando con la cinepresa nelle fabbriche dove vengono cuciti i vestiti per le sfilate di moda. Esiste uno sfruttamento continuo di molte classi di cittadini, lavoratori, e non solo quelli dei paesi del terzo cosiddetto mondo, quelli che non arrivano a fine mese. 

Non esistono solo i lavoratori sfruttati delle nazioni povere senza via di sviluppo, parliamo anche di lavoratori di paesi asiatici che non sono alla fame, al contrario, in pieno sviluppo con crescite da infarto per un economista di casa nostra. Noi percentuali come quelle possiamo solo sognarle, per loro è la regola ma a prezzo di queli sofferenze? 

I processi di delocalizzazione che arrichiscono a dismisura gli imprenditori occidentali non sono una novità, oggi un imprenditore sa che per continuare a esistere (e per guadagnare quello che guadagnava prima) deve delocalizzare, e spremere senza scrupoli la povera gente che abbandona le campagne per incatenarsi in fabbriche malsane e invisibili. La delocalizzazione rende noi più poveri perché in definitiva perdiamo una parte più meno consistente di quelle imposte che ci venivano più o meno restituite in cambio di servizi dello Stato. Il delocalizzatore non pagherà più le tasse che la sua impresa commerciale o industriale attivava, comunque ne pagherà meno e in virtù di quello che deciderà di continuare a gestire dal Paese di origine.

Questo è dunque il prezzo della globalità?
No, questo è il prezzo dell’aumento sconsiderato dei carichi fiscali in occidente, della inqualificabile abitudine di spremere i cittadini finché c’è vita e speranza. Così si torna al medioevo con i vari Robin Hood che rubano ai ricchi per donare ai poveri che poi alla fine fanno solo carità e non danno nulla, loro dicono che è solidarietà, ce la vendono come tale ma non è cosi. La differenza tra carità e solidarietà è abissale, anche se molti fanno confusione, vorrei fare una sintesi per evidenziare la differenza fondamentale: la carità cristiana ti aiuta una tantum e ti lascia dove sei, povero all’infinito. Serve solo a chi la fa per ripulirsi la coscienza elargendo le briciole di quello che, magari, ha rubato, perché chi ruba teme la punizione divina e forse anche quella terrena. La confessione, attraverso l’assoluzione di qualsiasi peccato e la carità ripuliscono l’animo umano meglio di una lavatrice. La solidarietà, invece, aiuta chi è in difficoltà a trovare gli strumenti per uscirne, evolversi, attraverso l’impegno, l’informazione, la conoscenza dei propri diritti. Insomma la carità porta in Africa una bottiglia di acqua la solidarietà ti insegna come fare un pozzo e renderti indipendente. La bottiglia finisce, il pozzo mai e se si esaurisce sai come farne un altro. Bello il discorso ma ancora non sapppiamo chi sono i nuovi padroni della Terra.

Chi sono i nuovi padroni della Terra dunque?
I nuovi padroni della Terra sono di affaristi e strateghi che, oggi come oggi, reggono e definiscono le sorti del pianeta. Detto in parole semplici, questi nuovi padroni sono il frutto dell'unione tra le grandi multinazionali e i governi dei paesi dominanti. Tuttavia, io non condivido l'idea di molti attivisti del movimento contro la globalizzazione neo-liberista, secondo cui lo stato è ormai svanito e ha delegato i suoi poteri alle grandi corporation. Il nuovo grande sistema di dominio nasce proprio dalla commistione e dalla compenetrazione tra questi due attori. È pur sempre vero, non possiamo più far finta che non sia così, che le grandi società si sono sempre appoggiate ai governi per esercitare il proprio potere. 

Ma è ancora una volta vero che la crescita sempre più marcata, a partire dagli anni Settanta, delle grandi multinazionali rappresenta indubbiamente un fenomeno di tipo nuovo. Per riassumere in poche parole questo concetto, possiamo dire che oggi assistiamo alla rigenerazione in una forma nuova e più violenta di un sistema di vecchio tipo. E in questo contesto si posiziona anche la guerra o le guerre al terrorismo le quali  altro non sono che una riedizione delle classiche guerre imperialiste del XIX secolo. Potremmo affermare, per quanto riguarda gli obiettivi che si prefigge, ossia il controllo delle riserve strategiche del pianeta, sicuramente sì. 

Quello che cambia, tuttavia, sono i termini in cui si estrinseca il nuovo apparato della propaganda. Oggi, dopo l'11 settembre, il nuovo grande nemico è il terrorismo non statuale. Il che spinge a passare completamente sotto silenzio un altro tipo di terrorismo, ugualmente se non più nocivo: quello perpetrato dagli Stati. Dalla seconda guerra mondiale in poi la politica estera degli USA è costellata di atti di terrorismo puro contro le popolazioni civili dei paesi non allineati ai loro interessi: Hiroshima e Nagasaki ne sono l’esempio. Gli attori internazionali sono ormai definiti «terroristi» sulla base del loro livello di adesione agli interessi strategici degli USA o delle potenze dominanti. 

L'aspetto interessante è che il termine 'terrorismo' è stato per la prima volta utilizzato dagli inglesi negli anni Quaranta per descrivere le azioni delle organizzazioni clandestine sioniste nella Palestina sotto mandato britannico. Ora, come per magia, la situazione si è rovesciata: Israele non è terrorista, mentre i palestinesi sono sempre e comunque terroristi. E tutto fa parte dello stesso disegno, la destabilizzazione del pianeta affinché si possa intervenire per ristabilizzarlo e di conseguenza prenderne il controllo anche attraverso la propaganda, direi che la propoaganda si basa proprio su questo aspetto: sulla demonizzazione del nemico o del dissidente. 

Quello che invece dovrebbe far discutere è il nuovo ruolo dei media in queste vicende, loro hanno l’ingrato compito di diffondere le informazioni al pubblico sovrano e non, ma in un modo tale che diventa propaganda di Stato e non informa ne emoziona ma fornisce solo un mero bollettino di guerra che in effetti non è perché l’altra parte, quella più indifesa non reagisce a modo ma subisce provocando un aumento delle notizie volte a mascherare la effettiva dimensione del fenomeno. In questo modo non la argina, la nasconde lasciando ai padroni della Terra il campo totalmente sgombro. 

I media sono quindi parte integrante di quella combriccola trasversale dei «nuovi padroni dela Terra». Il loro potere è effettivamente di tipo nuovo, viste le capacità tecnologiche e la possibilità di influenzare l'opinione pubblica che hanno acquisito negli ultimi anni. Basti pensare al tentato putsch in Venezuela contro Hugo Chavez dell'aprile scorso: è stato orchestrato e organizzato prevalentemente dai media, che hanno scatenato una furiosa campagna di diffamazione contro il presidente. O, per rimanere in Italia, basti pensare a Silvio Berlusconi, che controlla direttamente i media privati e influenza la programmazione di quelli pubblici. Gli stessi USA, che tanto si vantano della loro «informazione libera», hanno forse il sistema mediatico più chiuso del mondo. 

I media sono ormai totalmente controllati dal capitale e rappresentano un vero e proprio potere politico. La loro capacità di penetrale nella società civile è un elemento nuovo e estremamente pericoloso. Nonostante si convenga che il modello occidentale, fino a qualche tempo fa (e anche dopo la caduta del muro di Berlino) sembrava l’unico imprescindibile come modello sia economico che culturale, è evidente a tutti che tante parti del mondo perseguono lo sviluppo in forme del tutto anomale, diversificate, rispetto ai parametri (della democrazia, del modo di pensare, del credo religioso…). 

Perché se è pur vero che quel che ha offerto a molti popoli e paesi emergenti il sistema occidentale è quello che forse di più negativo aveva, e cioè il sistema edonistico-consumista, è anche vero che ogni persona, ogni persona, ogni gruppo etnico, ha bisogno di mantenere o darsi un senso, un significato nel suo essere al mondo (e questo forse, l’Occidente in crisi, non aveva niente da offrire).
Ma allora chi sono i nuovi padroni della Terra? Per come la vedo io, per quello che leggo sui media, per come si evidenziano e collegano i fatti non esistono nuovi padroni della Terra. Sono gli stessi di prima con delle sottili varianti, artifizi tali da portarci a credere, magari a temere o organizzarci per sconfiggerli, che i padroni siano altri e ben più temibili ma non è così. 

E' lo stesso progetto di dominazione che va avanti da ciquecento anni e tra le nuove varianti annoveriamo i media. La misura e l'influenza delle corporazioni internazionali è enormemente aumentata e anche se le multinazionali non sono nuove (e c'erano già nel XVI secolo e le ritroviamo nel recente imperialismo) ora lavorano in sintonia con dei potentissimi Stati. Nella lista metterei sicuramente il Tesoro degli USA, L’IMF (International Monetary Fund), la WB (World Bank), l'EIB (European Investment Bank), la ADB (Asian Development Bank). Tutte queste organizzazioni sono frutto, derivano, sono il braccio di un’unica mente, una complessa organizzazione che ha un unico scopo il controllo della Terra, chiamatelo Pianeta o Mondo, i controllati siam sempre noi.

"Vite come un'ombra che cammina, un povero attore, che si agita e pavoneggia la sua ora sul palcoscenico, e poi non si sente più, ma è un racconto narrato da un idiota, piena di rumore e di furore, che non significa nulla" 
(William Shakespeare, drammaturgo Inglese)

"Lifes but a walking shadow, a poor player, that struts and frets his hour upon the stage, and then is heard no more; it is a tale told by an idiot, full of sound and fury, signifying nothing"
 (William Shakespeare)